Viaggio a Kigali, in Ruanda, con una ONLUS

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Atterrare a Kigali, la capitale del Ruanda, di notte significa trovarsi davanti un velluto nero tempestato di luci. È il benvenuto del “Paese delle Mille Colline" con i suoi lampioni che, appena fuori dai quartieri centrali, smettono di seguire le strade ormai piccole e sterrate per illuminare solo le singole abitazioni.

Lo skyline di Kigali  ©Jennifer Sophie/Shutterstock
Lo skyline di Kigali ©Jennifer Sophie/Shutterstock
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Kigali vive di contrasti. Qui le ambasciate guardano dall’alto delle colline i quartieri di fango e lamiera. I visitatori che ogni giorno inondano di aspettative la capitale sono inghiottiti dal mercato più caotico della città. E le aiuole ricevono le cure costanti degli addetti comunali, mentre poco più in là una folla di mototaxi annebbia uno dei pochi semafori in cui vigono le normali regole di precedenza.

È facile farsi ipnotizzare dalla superficie scintillante e sempre in movimento di Kigali. Ma è ancora più affascinante vedere le sue contraddizioni sotto la patina di capitale all’avanguardia. Per farlo, è sufficiente affidarsi a chi questo territorio lo conosce davvero, senza compromessi né pregiudizi: nel mio caso a Okapia, una onlus che da dieci anni opera tra Ruanda e Repubblica Democratica del Congo.

I colori dei tessuti wax al mercato di Kimironko ©Anna Ortica/Lonely Planet Italia
I colori dei tessuti wax al mercato di Kimironko ©Anna Ortica/Lonely Planet Italia

Cosa vedere a Kigali

Come la maggior parte delle capitali di Paesi che hanno il loro tesoro nelle bellezze naturali, anche Kigali viene comunemente sottovalutata dai viaggiatori. Le vengono preferite destinazioni come il Parco Nazionale dei Vulcani, che ospita una delle più grandi comunità al mondo di gorilla di montagna, il Parco Nazionale dell’Akagera e quello di Nyungwe.

C’è però un punto della città che vale una visita anche se si è di passaggio: il Kigali Genocide Memorial. Non un semplice museo, né solo un monumento al capitolo più drammatico del Paese, ma una testimonianza cruenta di una ferita ancora aperta. Storie, foto e video la rendono un’esperienza non adatta a tutti, ma necessaria a comprendere la complessità del Ruanda. 

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Vivere Kigali con una onlus

Nel mio caso, invece, Kigali è stata la destinazione principale del viaggio.

Visitarla con una onlus è stata l’esperienza più simile alla vita da local che potessi fare. Fin dal primo giorno, quando sono andata a scegliere i tessuti dei prossimi prodotti di Atelier Rwanda al mercato di Kimironko.

Come avrei scoperto qualche giorno dopo, Kimironko è un’esperienza leggera in confronto a Nyabugogo, l’enorme mercato accanto alla stazione degli autobus. Se là gli odori mettono a dura prova anche i nasi più allenati, a Kimironko sono i colori a farla da padroni: frutta variopinta e tessuti wax si spartiscono il mercato in un mosaico di fantasie imprevedibili.

Per completare il quadro dei cinque sensi di Kigali bisogna assaggiare la carne di capra al Sundowner, toccare il fango rosso nei quartieri più periferici, dove nel contrasto col verde delle colline assume una consistenza irreale, e ascoltare le voci dei bambini in uno strano misto di kinyarwanda, inglese e francese. 

Mi sono resa conto della portata di quest’ultimo aspetto soprattutto spingendomi oltre Kigali, seguendo Okapia fino a Gitabage, dove ha sede uno dei complessi scolastici che hanno aiutato. Perfino in macchina sentivo a volte venire dagli alberi delle voci acute che urlavano eccitate musungu! (“bianco”): per i bambini, in ogni quartiere e villaggio, la sola presenza di bianchi è un’attrazione. Ogni incontro è una festa, un caos di strette di mano, risate, parole ripetute prendendo in giro la cadenza europea, e non c’è verso di camminare senza tenere la mano a qualcuno di loro, magari ballando o cantando insieme lungo la strada. 

Vista su Kimisagara ©Anna Ortica/Lonely Planet Italia
Vista su Kimisagara ©Anna Ortica/Lonely Planet Italia
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Quest’apertura all’altro, anche quando si tratta di uno straniero, è in effetti una delle grandi meraviglie del Ruanda. Non c’è stato un istante in cui non mi sia sentita accolta, resa partecipe della quotidianità altrui. Complice il fatto di essere lì con una realtà come Okapia che ha saputo aprire una breccia di fiducia nella popolazione locale.

Una quotidianità fatta soprattutto di intraprendenza, più ancora che di fatica, nonostante i contesti difficili dei progetti di Okapia. Gatenga, Kimisagara, Kicukiro non sono quartieri facili, eppure mi sono rimasti nel cuore anche una volta tornata, perché al mal d’Africa per quelle mille colline di un verde sconfinato rimarrà sempre legata la forza vibrante di entusiasmo delle persone incontrate. 

Le strade di Gatenga ©Anna Ortica/Lonely Planet Italia
Le strade di Gatenga ©Anna Ortica/Lonely Planet Italia

Cosa sapere

Se non temete il fango e l’umidità, la stagione delle piogge vi regalerà una natura rigogliosa, ma la stagione secca (giugno-settembre, dicembre-febbraio) rimane la migliore per i safari. 

Per soggiorni inferiori ai 30 giorni si può richiedere il visto di ingresso direttamente in aeroporto. Non ci sono vaccinazioni obbligatorie.

Come entrare in contatto con Okapia: Okapia al momento non organizza missioni “classiche” con volontari, ma è sempre aperta a professionisti che vogliono mettersi in gioco. Per proporre il proprio aiuto, conoscere i progetti o sostenere Okapia potete scoprire il loro sito , scrivere a info@okapia.it oppure alla pagina Instagram dell’associazione.  

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