Ci sono nuove città che rimpiazzeranno le capitali invivibili

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Stanno nascendo nuove città, perché quelle che abbiamo già non bastano più. Secondo una stima delle Nazioni Unite, entro il 2050 circa il 70% della popolazione mondiale vivrà nei centri urbani, rischiando il sovraffollamento, soprattutto in Asia. 

Lo skyline di Astana, la nuova capitale kazaka, che prenderà il nome di Nursultan dal primo presidente della repubblica. @mozakim/Getty Images
Lo skyline di Astana, la nuova capitale kazaka, che prenderà il nome di Nursultan dal primo presidente della repubblica. @mozakim/Getty Images
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Creare nuove città dal nulla, in mezzo al deserto o in riva al mare, ai bordi della foresta e lungo i fiumi. Si fa da migliaia di anni e si continua a farlo per diversi motivi: climatici, politici, ideologici, logistici. Al preciso scopo di ospitare una capitale, come nel caso di Washington D.C., o per rimpiazzare le capitali esistenti, come Costantinopoli, la moderna Istanbul, fondata tre secoli dopo Cristo per diventare la Roma d'Oriente, facendo un upgrade urbanistico dell'antica Bisanzio. O San Pietroburgo fondata ai primi del Settecento da Pietro il Grande, da cui prende il nome, come base navale grazie alla sua posizione strategica sul Mar Baltico, piazzandosi come seconda città più importante della Russia senza strappare il titolo di capitale a Mosca

Ci sono capitali progettate a tavolino come Brasilia, l'attuale capitale del Brasile, pianificata negli anni Sessanta per spostare da Rio de Janeiro la sede del governo: in mezzo secolo non è riuscita a imporsi come capitale culturale, eclissata dal lifestyle carioca. Un esperimento affascinante, patrimonio Unesco, che oggi rimane un'utopia ancora in divenire e rappresenta uno degli esempi più eclatanti di città pianificata assieme a Canberra, la capitale Australiana, progettata nel cuore del bush da architetti statunitensi appositamente per diventare la capitale amministrativa del continente australiano: col suo mezzo milione di abitanti, rispetto agli oltre cinque milioni di Sydney, ha un mood da entroterra (è l'unica grande città australiana lontana dal mare) che la tiene saldamente relegata al suo ruolo istituzionale.

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Una vista aerea di Brasilia, dove si scorgono la cattedrale e il museo nazionale, simboli della città. @Shutterstock
Una vista aerea di Brasilia, dove si scorgono la cattedrale e il museo nazionale, simboli della città. @Shutterstock
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Via dalla pazza folla

Gli effetti della delocalizzazione delle capitali è paradossale: mentre Dubai, la "capitale turistica" degli Emirati Arabi risparmia alla vicina Abu Dhabi, capitale amministrativa, l'incombenza di dover accogliere, intrattenere, entusiasmare oltre 20 milioni di visitatori attesi il prossimo anno per l’Expo, col preciso obiettivo di battere l'ennesimo record di affluenza, ci sono città che non sono fisicamente più in grado di gestire le orde di turisti che si aggiungono al sovraffollamento residenziale. 

Prendiamo Bangkok, una delle città più trafficate e inquinate al mondo: è anche la città più visitata al mondo degli ultimi 4 anni da circa 23 milioni di turisti. Il governo thailandese sta pensando di spostare la capitale amministrativa nel Kalimantan Orientale tra Samarinda e Balikpapan, seguendo l’esempio dell’Indonesia che ha annunciato di volerla piazzare nel Borneo, per sollevare Giacarta che sta letteralmente affondando sotto il peso dei suoi abitanti. 

Tra le nuove città pianificate ci sono Putrajaya in Malaysia, fondata attorno a un lago artificiale vicino a Kuala Lumpur, e Naypyidaw a poco più di trecento chilometri da Yangon, che fino al 2005 ha ospitato la sede del governo birmano: l'organizzazione marziale ha permesso di trasferirla in soli 4 mesi, spostando più vicino alla giungla tutti i problemi che la capitale di una dittatura militare inevitabilmente si tira dietro, dissidenti compresi. In compenso è stato fatto con tutti i crismi che si convengono alla capitale di un regno, infatti è stata dotata di una replica leggermente più piccola della pagoda dorata di Yangon che si trova a Giacarta.

Palazzi del centro amministrativo di Putrajaya in Malesia @mozakim/Getty Images
Palazzi del centro amministrativo di Putrajaya in Malesia @mozakim/Getty Images

Città fantasma e città utopia

Uno degli skyline più eclettici e interessanti nel panorama delle nuove città è quello della nuova capitale del Kazakistan, fondata nel 1830, che solo di recente è diventata il centro amministrativo del paese e ha avuto due secoli di tempo per assorbire le influenze che hanno scolpito la sua identità urbanistica e architettonica. Nei secoli ha avuto molti nomi Akmolinsk, Celinograd, Akmola, Astana (che in lingua significa capitale) fino a quando nel marzo scorso ha preso il nome di battesimo del suo primo presidente della repubblica indipendente, Nursultan. Se avete intenzione di visitarla imbacuccatevi: è la seconda città più fredda al mondo dopo Ulan Bator in Mongolia.

Creare nuovi centri urbani non sempre è la risposta giusta per chi deve viverci: gli abitanti di Tamesna, vicino a Rabat, si sentono intrappolati in una città fantasma, senza servizi né un vero tessuto sociale. Oltre 150mila persone si sono trasferite qui col miraggio di vivere in un piccolo eden, per sfuggire alle periferie in perenne espansione. Nell'ultimo mezzo secolo la popolazione marocchina è passata da pochi milioni a oltre 35 milioni, ma le nuove città marocchine fondate per contenere il boom demografico stentano a decollare come meta turistica per mancanza di attrattiva e rischiano di diventare delle città dormitorio, come Tamensourt, creata nel 2005 a una ventina di chilometri Marrakech

Dovrebbe essere completata nel 2020 Oyala, che probabilmente prenderà il nome definitivo di Ciudad de la Paz, la nuova capitale della Guinea Equatoriale al posto di Malabo: è stata costruita secondo premesse di sostenibilità ambientale e si candida a diventare un modello virtuoso per le città del futuro, con un unico imperativo: la vivibilità. Quello che più ci auguriamo da tutte le città, a costo di ripensare le vecchie e costruirne di nuove.

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