Dubai vuole attrarre più turiste donne ma non sa come fare

Redazione Lonely Planet
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Andare da sole (o con le amiche) a Dubai può essere molto divertente, significa avere possibilità che alle donne emiratine sono precluse. Gwyneth Paltrow, Kate Hudson e Zoe Saldana provano a scardinare qualche pregiudizio, sfidando più di un tabù (e la sharia).

Tre surfiste sulla spiaggia di Dubai al tramonto, con vista sul Burj Al Arab, uno dei simboli della città. ©Vivek_Renukaprasad/Getty Images
Tre surfiste sulla spiaggia di Dubai al tramonto, con vista sul Burj Al Arab, uno dei simboli della città. ©Vivek_Renukaprasad/Getty Images
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Nell'immaginario collettivo il medioriente è tutt'altro che women friendly. Le turiste donne sono abbastanza libere e non sono tenute a rispettare i limiti che la legge islamica impone alle emiratine, ma rimane comunque nell'aria la percezione di essere più limitate rispetto a qualsiasi altra destinazione occidentale. Oppure no? L'arduo compito della smentita è stato affidato a tre attrici sbarcate da Hollywood a Dubai, una città piena di contraddizioni. Grattacieli che svettano dal piattume del deserto, opere di land art a uso residenziale che sorgono dall'acqua in una zona dove la terra abbonda, compound che ridefiniscono il concetto di villetta a schiera proponendo superville milionarie progettate in serie. 

Dubai negli ultimi anni si sta riposizionando da allettante stop over per viaggiatori diretti altrove, a meta dove trascorrere più di un weekend. Da scalo a destinazione, il passo richiede un notevole sforzo di comunicazione, perché le infrastrutture, i divertimenti, le attrattive già ci sono. Quello che manca è la narrazione, capace di evocarci un'esperienza più autentica di quella che normalmente ci arriva. Con Expo 2020, l'occasione di trattenere i 20 milioni di visitatori previsti per più di qualche giorno, darebbe un boost notevole all'economia già florida della città, oltre a un segnale forte: Dubai è cool, non solo per famiglie e persone d'affari, ma anche per le turiste donne che viaggiano da sole o con le amiche.

Un falconiere addestra un Falco Pellegrino nel deserto di Dubai. ©Katiekk2/Getty Images
Un falconiere addestra un Falco Pellegrino nel deserto di Dubai. ©Katiekk2/Getty Images

Una delle città più sicure al mondo

Una delle argomentazioni più convincenti per il pubblico femminile è la sicurezza: da sempre gira la voce che una donna sola a Dubai potrebbe essere scambiata per una prostituta, abbordata per strada o nei locali, o ricevere insistenti proposte di matrimonio in particolare se ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. Resta il fatto che Dubai sia una delle destinazioni meno criminalizzate al mondo. La vicina Abu Dhabi quest'anno si è posizionata al primo posto della lista delle città più sicure del mondo, stilata dal database globale di crowdfunding Numbeo, e Dubai si difende benissimo al settimo. Passeggiando per le strade di Dubai, personalmente, ho avuto l'impressione di essere perfettamente al sicuro, molto più che gironzolando per Downtonw LA o in certi quartieri periferici di Torino. Sicura e costantemente osservata: dalle persone che discretamente appostate ai bordi della strip di Dubai Marina e armate di spazzolone, tenevano pulito come uno specchio il marciapiede (neanche una cartaccia in vista, meno che mai un mozzicone di sigaretta, a perdita d'occhio), alle telecamere di sorveglianza che nell'area metropolitana di Dubai sono decine di migliaia.

Una rassicurazione per chiunque viaggi da solo, con un'attenzione particolare alle donne, che sono particolarmente attente all'aspetto della sicurezza. In particolare le turiste occidentali sono un segmento interessante: attualmente la maggior parte dei turisti arriva a Dubai dall'India (circa 1 milione l'anno), Emirati Arabi, Cina, Oman e Russia. Dall'Europa arrivano prevalentemente inglesi (circa mezzo milione), mentre gli Stati Uniti (poco più di 300 mila) sembrano non subire il fascino del volo diretto di 12 ore e mezza, con cui Emirates ha ridotto al minimo i tempi di percorrenza proposti dalle altre compagnie. 

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Un suk tessile a Bur Dubai, un quartiere storico della cittò. ©Matteo Colombo/Getty Images
Un suk tessile a Bur Dubai, un quartiere storico della cittò. ©Matteo Colombo/Getty Images

Per lanciare questa narrazione, l'ente turistico di Dubai ha girato il cortometraggio "Una storia prende il volo" con criteri cinematografici, un regista che ha vinto un Emmy Award e un cast hollywoodiano Gwyneth Paltrow, Kate Hudson e Zoe Saldana, reclutate per raccontarci tre aspetti fondanti della città: la sua anima metropolitana, il deserto che la circonda e le sue tradizioni. Il punto di vista è quello di una viaggiatrice ultra esigente, che non si lascia sicuramente impressionare dai record meticolosamente progettati per strapparli ad altre città e il giretto in quad tra le dune con tè nel deserto nella tenda beduina, l'ha già fatto negli anni Novanta in Marocco. Un posto dove una pista di sci dentro un centro commerciale non fa più notizia da un pezzo. Per questo vediamo le tre attrici fare esperienze insolite a Dubai: una fa volare un falco in mezzo al deserto e poi salta in sella a una moto, un'altra attacca bottone col suo vicino di tavolo per farci sapere che i water taxi a Dubai sono in funzione 24 ore su 24, un'altra ancora armata di reflex fotografa i landmark che conosciamo già ma anche qualche scorcio della città vecchia che probabilmente non ha ancora attecchito nel nostro immaginario.

La rappresentazione di ciò che le tre turiste fanno a Dubai suona vagamente irrealistico: fotografare le donne come fa Gwyneth Paltrow, fermandosi a ritrarre una skater, è vietato dalla legge islamica, così come bere in pubblico e flirtare con sconosciuti come fa Kate Hudson, o girovagare da sola in mezzo al deserto senza essere scortata da un parente maschio come Zoe Saldana. Leggi previste dalla sharia, il codice penale emiratino, che nella realtà dei fatti non si applicano ai turisti. Giusto la scelta dei costumi è realistica: il dress code consigliato alle turiste è un abbigliamento che copra le spalle e le ginocchia. 

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Le tre attrici vivono un'esperienza addomesticata che alle donne emiratine è ancora preclusa, nonostante i passi avanti che sono stati fatti grazie agli sforzi della terza moglie dello sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, Fatima bint Mubarak, attivista per l'emancipazione delle donne negli Emirati Arabi. Un doppio standard che cerca di trovare un equilibrio tra le granitiche tradizioni locali e sempre maggiore tolleranza verso i costumi occidentali. Uno storytelling che ha ricevuto una stroncatura dal New York Times, definendola una narrativa strizzata dentro i tropi stereotipati del viaggio tra amiche e, in un'epoca di estrema attenzione agli stereotipi di genere, inciampa su cliché prevedibili, proprio come rischia di diventare Dubai se non riuscirà a emanciparsi dalla cartolina di se stessa. 

A complicare le cose, sembra che Dubai non stia facendo un grande sforzo per offrire alle turiste servizi pensati davvero per le donne, che non si limitino ai pink taxi (guidati da donne e autorizzati a scarrozzare solo donne e famiglie), le women's night che storicamente a Dubai si tengono di martedì - ma negli ultimi anni ogni locale elegge il proprio - dove alle clienti viene offerto un cocktail gratis, o le spiagge e i club dedicati a sole donne che agli occhi di una turista occidentale potrebbero avere lo stesso appeal di una segregazione.

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Destinazioni in questo articolo:

Emirati Arabi Uniti
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