Gavdos, la selvaggia isola greca del mito e del sogno

Non un'isola: un'utopia. E poi, una leggenda, un confino, un nuovo possibile Eden. Il mito narra che qui approdò Ulisse, ammaliato dalla ninfa Calipso che gli offrì l'immortalità pur di farlo rimanere al suo fianco; qui passò Paolo di Tarso, raccontano gli Atti degli Apostoli, vittima di una tempesta durante il suo ultimo viaggio verso Roma e ancora, durante il Medioevo su queste sponde trovavano rifugio e riparo i pirati saraceni, braccati dalle flotte della Serenissima. Fu luogo di deportazione ed esilio per i comunisti greci negli anni Trenta, terra di promesse per i figli dei fiori di tutta Europa e ultimo baluardo selvatico per i viaggiatori alla ricerca di una Grecia dal sapore ancora un po' arcaico. Siamo a Gavdos, ultima propaggine greca al largo della costa cretese nonché uno dei territori più meridionali d'Europa: isola piccola e verdeggiante di cedri, è magica terra di sorgenti e capre belanti, che tra scogliere dirupate nel Mar Libico e dolcissime spiagge color dell'oro riesce ancora a regalare l'illusione di un tempo immobile ed eterno.

Una chiesetta rurale nei pressi dell’abitato di Ambelos  © Erica Balduzzi
Una chiesetta rurale nei pressi dell’abitato di Ambelos © Erica Balduzzi
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Un’isola dai ritmi lenti

Cominciamo con il dire che a Gavdos è impossibile capitarci per caso: è un’isola del desiderio e della brama, e per arrivarci bisogna prima sognarla intensamente. Si parte dalle coste meridionali di Creta, da Chora Sfakion oppure da Paleochora (da cui dista rispettivamente 26 e 31 miglia nautiche), con un traghetto che assieme ai viaggiatori carica anche automobili, provviste, scorte e casse: ma fate attenzione, perché a Gavdos le strade sono dissestate e non tutte le compagnie di noleggio auto cretesi hanno un’assicurazione che copra anche i danni sul territorio isolano. Il traghetto non viaggia tutti i giorni, ma in alta stagione sono disponibili collegamenti veloci e giornalieri da Chora Sfakion, Paleochora e Plakias.

In ogni caso, a queste latitudini vigono le dure leggi del meteo: brutto tempo significa imbarcazioni in porto e programmi da riprogrammare. Meglio scordarsi quindi timetables perfettamente incastrate e viaggi progettati al millisecondo: ermetica e distante, quest’isola di appena 30 chilometri quadrati, appaiata con la sorellina minore (e disabitata) Gavdopoula, insegna fin da subito che orologi e cellulari servono a poco, su queste sponde. Spogliati dai ritmi frenetici del mondo che scorre appena oltre il braccio blu del Mediterraneo che separa Gavdos dalla “madre” Creta, qui si torna per qualche giorno a respirare il tempo del sole, del mare e delle stelle. 

Tripiti, il punto più meridionale d’Europa  © Erica Balduzzi
Tripiti, il punto più meridionale d’Europa © Erica Balduzzi

Paesi, chiesette e kafenio sperduti

E infatti l’isola è la meta prediletta per chi vuole ancora viaggiare con lo zaino in spalla e la tenda in borsa, scarponi ai piedi e l’irrefrenabile desiderio di dormire all’aperto. Selvaggia, scintillante di luce, profumata di timo e santoreggia, orlata di spiagge incontaminate e punteggiata di minuscole chiesette ortodosse in calce bianca, Gavdos è l’esatta antitesi delle isole fashion che ogni estate si affollano di turisti in cerca di movida biancoazzurra: qui, semplicemente, la movida non esiste.

In compenso esistono minuscoli paesini pietrosi e capre dormienti all’ombra di cespugli dai rami annodati; esistono ristorantini (pochi) e alloggi sparsi (ancora meno), ed esistono splendidi sentieri ben tenuti che conducono fino alle propaggini più estreme dell’isola, tra i rami ossei dei cedri e dei ginepri e gli echi malinconici di antichi paesi, ormai abbandonati al tempo e alla sabbia. 

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L’isola è disseminata di antiche case rurali abbandonate © Erica Balduzzi
L’isola è disseminata di antiche case rurali abbandonate © Erica Balduzzi

Capoluogo di Gavdos è il paese di Kastri, sito al centro dell’isola: poche casette dall’aria sonnacchiosa e accogliente, una chiesa dedicata alla Santissima Trinità (la principale delle diciassette disseminate su tutto il territorio), un kafenio con minuscolo emporio annesso, qualche alloggio turistico con ristorante e un forno-panetteria piuttosto popolato delineano la geografia microscopica di un paese che sulla carta è il centro nevralgico dell’isola, ma che in realtà si contende il ruolo con il porto di Karavè, ben più frequentato, perché vi attraccano tutte le imbarcazioni e perché vi hanno sede i principali servizi, oltre a qualche taverna e un paio di minimarket.

Altri insediamenti sono Korfos, Sarakiniko, Ambelos e Vatsiana, quest’ultimo il paese più meridionale non solo di Gavdos ma anche della Grecia intera. Ma non fatevi illusioni: “paese” da queste parti significa manciata di case, un kafenio sgangherato e poco altro, quindi è meglio rifornirsi di cibo e acqua al primo minimarket che trovate, giusto per evitare di rimanere senza proprio sul più bello delle vostre escursioni.

La spiaggia di Potamos © Erica Balduzzi
La spiaggia di Potamos © Erica Balduzzi
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Ultime propaggini d’Europa

Gavdos è un’isola da assaporare lentamente: impensabile pensare di viverla appieno con uno dei tour giornalieri organizzati durante l’estate. Bisogna immergervisi, lasciarsi impregnare dai suoi odori e dalla sua ampiezza, bisogna prendersi il tempo per conoscerla e riconoscerla. Fortunatamente, non è difficile: si tratta di un’isola prevalentemente collinare e una fitta rete di sentieri ben mantenuti permette di effettuare splendide escursioni. Alcune, come la visita al faro di Ambelos (indimenticabili i tramonti, da qui) o alle spiagge di Sarakiniko e di Korfos, sono facilissime.

Alcune formazioni rocciose lungo il sentiero per Potamos © Erica Balduzzi
Alcune formazioni rocciose lungo il sentiero per Potamos © Erica Balduzzi

Altre località, invece, vanno conquistate. E sebbene sia possibile portare l’automobile sull’isola, il mezzo migliore per assaporarla a pieno restano le gambe, se non altro perché è l’unico modo per raggiungere tutte le sue spiagge da sogno. Prendiamo ad esempio Potamos, una delle più selvagge: vi si giunge in un’ora circa di camminata, percorrendo un sentiero ben segnalato che dall’abitato di Ambelos scende lungo una spettacolare falesia di conformazioni rocciose, un panorama che da solo vale l’escursione. Oppure prendiamo Tripiti, la spiaggia più iconica di Gavdos con la sua sedia gigante, perfetta per le foto, nonché punto più meridionale del continente europeo: quaggiù, in questa ampia conca di ciottoli bianchissimi e mare blu cobalto, siamo alle propaggini dell’Europa, e per qualche ora ci si sente dei moderni Robinson Crusoe, soli davanti all’immenso del mare e dell’assenza di altri esseri umani.

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La sedia gigante a Capo Tripiti © Erica Balduzzi
La sedia gigante a Capo Tripiti © Erica Balduzzi

Eppure, solo un’ora e mezza di sentiero separa Tripiti da Korfos e da Vatsiana. E non dimentichiamoci poi la dorata Aghios Ioannis (le sue dune sabbiose, punteggiate di cedri, sono sito protetto da Natura 2000), l’isolata Lavrakas, la rocciosa Lakoudi e la piccola e defilata Stravolimni. Minuscoli luoghi del sogno e del mito, ruvide perle nella collana di quest’isola magica affondata nel cuore blu del Mediterraneo, laddove il tempo sfuma e rimane, sussurrante, solo il desiderio di fermarsi e perdersi su queste sponde per sempre. 

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Grecia
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