Viaggio in auto lungo il Camino del Norte

Redazione Lonely Planet
5 minuti di lettura

I pellegrini trascorrono settimane lungo le varie diramazioni del Camino de Santiago. Il Cammino del Nord li porta ad attraversare la ‘Spagna verde’ con robusti scarponi ai piedi e zaino in spalla. Se vi fermate un po’ di tempo nella regione, potrebbe capitarvi di vederne qualcuno esausto che riposa in mezzo ai campi o mangia sul ciglio della strada. La meta è per tutti la stessa: la tomba di san Giacomo a Santiago de Compostela. 

La costa delle Asturie © LaMantarraya
La costa delle Asturie © LaMantarraya
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Chi non ha motivazioni religiose o lunghe ferie a disposizione, segua il mio esempio: è un po’ imbrogliare, ma il Camino del Norte si presta altrettanto bene al viaggio in auto. Iniziando dalla città basca di Donostia-San Sebastián, il percorso segue le coste della Cantabria e delle Asturie prima di arrivare nel capoluogo galiziano. Lungo circa 800 km, è un itinerario da assaporare con calma, pianificando tappe per dormire e concedersi lunghi pranzi, con buona pace dei panini trangugiati camminando... 

Per i foodie, non c’è destinazione migliore di San Sebastián. Arrivando in città, il parabrezza della mia auto a noleggio incornicia il golfo di Biscaglia e le colline circostanti, verdissime anche in estate. Grazie a queste terre fertili, la città si fregia di ben 18 stelle Michelin (addirittura di più, per metro quadrato, di Parigi), che richiamano i pellegrini della tavola non solo a gustare la cucina griffata dei suoi rinomati ristoranti ma anche la sua versione delle tapas, i pintxos. 

La vista su Donostia - San Sebastián ©Krzysztof Baranowski/Getty Images
La vista su Donostia - San Sebastián ©Krzysztof Baranowski/Getty Images

In basco pintxo significa ‘aculeo’, e nella sua forma più semplice è costituito da un unico ingrediente infilzato a un pezzetto di pane con uno stecchino. Le stradine della città vecchia sono disseminate di bar che li servono; io punto su Casa Vallés per un Gilda, uno stuzzichino di acciughe, peperoncini guindilla e olive, che si dice sia il pintxo originario. Dopo, al Ganbara, assaporo funghi grigliati con un bicchiere di txakoli, un vino bianco leggermente frizzante. Con un gesto teatrale, il barman ne versa dall’alto giusto un dito, una dose per astemi, in enormi tumbler. La gente del posto sa bene che per fare il giro dei pintxos bar bisogna procedere con calma. 

Imparata la lezione, resto un paio di notti, riuscendo così a incastrare la minibistecca del Bar Gandarias e la favolosa tortilla di Nestor, nonché un menu degustazione da nove portate al tristellato Akelarre. Quando mi rimetto al volante, avverto una punta di rimpianto per il mio approccio soft al Camino, e mi riprometto di sacrificare i bar della prossima tappa, Bilbao, alla sua cattedrale dell’arte, il museo Guggenheim. Il decostruttivismo architettonico seguito da Gehry mi ricorda il pioniere dell’arte moderna, Picasso, e nelle sue sale luminose ospita artisti che ne seguirono le orme. 

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Il tragitto fino a Santillana del Mar richiede poco più di un’ora, ma è come se l’orologio fosse tornato indietro di secoli. Lasciata l’auto, mi addentro nelle vie lastricate per esplorare quello che Jean-Paul Sartre definiva ‘il più bel pueblo spagnolo’. Case di mattoni color pastello, ornate da balconi di legno pieni di fiori, si affacciano su vie medievali ben conservate. Al centro una chiesa romanica, palazzi rinascimentali e ville barocche. Una di queste è oggi un hotel statale dei paradores, ma al suo ristorante di lusso preferisco il tavolo nel cortile di La Villa e una ciotola di stufato di montagna. 

La sostanziosa fabada asturiana è un piatto di fagioli e carne che spesso figura sui menu di Cangas de Onís, un piccolo centro più a ovest, ma se volete assaggiare il sidro locale, che viene ossigenato versandolo dall’alto, fermatevi a dormire. Entrambi sono il giusto carburante per affrontare l’escursione sui magnifici Picos de Europa. Passando accanto al suggestivo ponte ad archi, osservo il Río Sella che si snoda al di sotto, poi salgo verso i laghi di Covadonga, facendo tappa nell’omonima cittadina. Con le sue guglie estremamente pittoresche, la basilica ottocentesca ricorda di più un romantico castello che si staglia su uno sfondo di vette maestose. La strada torna a salire fino all’agognato premio: il lago di Enol, che riflette l’azzurro del cielo, e il lago Ercina, che ho tutto per me. 

Proseguo sulla costa delle Asturie sperando di trovare qualche spiaggia deserta. Mi esaudisce Playa del Silencio, che fa onore al suo nome con un arco di rena incastonato in un anfiteatro naturale. Ci arrivo a piedi, prima di immergermi nelle acque fresche. A Cudillero, un vicino borgo di pescatori gremito di case color pastello, mi concedo una cena a base di pesce e pernotto in una locanda dietro il porto, svegliandomi all’alba al grido dei gabbiani. 

Santillana del Mar, ‘il più bel pueblo spagnolo’ secondo Jean-Paul Sartre  ©Takashi Images/Shutterstock
Santillana del Mar, ‘il più bel pueblo spagnolo’ secondo Jean-Paul Sartre ©Takashi Images/Shutterstock
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Di nuovo per strada, una breve deviazione mi porta a Praia das Catedrais, in Galizia, il cui nome si deve alle formazioni rocciose simili a cattedrali, prima di puntare sul gran finale, Santiago. Ma non ho fretta di vedere la sua icona, la cattedrale: esploro invece i negozi che vendono statuine di san Giacomo e i tanti bar lungo le vie. Mi fermo per un caffè e una fetta di Tarta de Santiago, decorata con un crocifisso di zucchero a velo, e, più tardi, un bicchierino di queimada, la grappa locale, che pare allontani gli spiriti maligni. 

Rinfrancata, punto sulla piazza principale, Praza do Obradoiro, osservando i pellegrini compiere gli ultimi passi del loro lungo viaggio. Alcuni cadono in ginocchio alla vista della cattedrale, con i visi rigati di lacrime rivolti verso il cielo. Un gruppo con indosso magliette adatte all’occasione si mette in posa con sorrisi beati. Cosa insolita per una piazza spagnola, qui non ci sono caffè, ma ciò non impedisce alla gente di venire a bere in questa magica atmosfera. Si siedono sui gradini di pietra riscaldati dal sole, alcuni in quieta contemplazione, altri con una birra in mano. Mi sovviene una citazione risalente al XIII secolo, trovata in una guida al mio itinerario: ‘La porta è aperta a tutti, non solo ai cattolici, ma anche a pagani, ebrei, eretici e vagabondi’. Rientrando nelle ultime due categorie, sento di appartenere a questo posto. 

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