Perù del nord: itinerario on the road in sette tappe
Spinto dal successo internazionale della sua cucina e di alcuni suoi chef, negli ultimi anni il Perù ha attirato su di sé uno straordinario interesse da parte della comunità dei viaggiatori. Nonostante ciò, il Nord del paese è ancora poco conosciuto, pur ospitando (e talvolta quasi nascondendo) una fetta rilevante del patrimonio storico, artistico e naturalistico nazionale.
Abbiamo trascorso quindici giorni on the road, macinando chilometri a bordo di un 4x4, per celebrare una delle destinazioni top secondo il nostro “Best in Travel 2019”. Siamo partiti in compagnia di Earth Viaggi, affidabile tour operator con trent'anni di esperienza (a proposito: buon compleanno!). Quello che segue è il resoconto del nostro viaggio e un itinerario possibile per chiunque abbia a disposizione almeno un paio di settimane e tanta voglia di percorrere strade poco battute.
Caral
Decidiamo di partire subito dopo l’atterraggio a Lima e imbocchiamo la Carrettera Panamericana Norte che oramai è notte, forse il momento migliore per accorgersi di quanto sterminata sia diventata la periferia della capitale. Le colline sono completamente ricoperte da un unico tappeto di luci, un immenso presepe che rivela la presenza di costruzioni precarie, a perdita d’occhio. Del resto, dei trenta milioni di abitanti di questo paese, ben dieci si affollano alla ricerca di fortuna nella grande metropoli e non tutti la trovano.
Tre ore di strada e siamo a Caral, la città più antica delle Americhe (e tra le più antiche del mondo). Me lo ripeto più e più volte perché faccio fatica a immaginare la vita com’era, 4.500 o forse 5.000 anni fa. E mi chiedo perché qui, proprio qui. Eppure, quando al mattino riapriamo gli occhi, la vista dall’Empedrada Lodge che da sola vale il viaggio, ci rivela di che pasta è fatto questo posto: sabbia e colline, aria tersa e vento caldo, deserto e improvvise macchie di verde. Deve essere la pace che qui si respira ad aver indotto i fondatori della civiltà di Caral a dar vita a ben 18 città-stato di cui restano monumentali rovine: piramidi di pietra, anfiteatri, piazze, tanto ancora da scavare, tante domande per gli archeologi e per tutti i visitatori. Che ripartono tenendo a mente almeno un concetto: qui non sono state ritrovate tracce di armi, mura di difesa o altri riferimenti alla guerra, alla lotta. Caral è patrimonio Unesco dal 2009: dieci anni, un anniversario che merita di essere celebrato.
Chavín de Huántar e il Callejon de Conchucos
Non ricordo chi ha detto “amo viaggiare ma odio arrivare” ma di certo si riferiva al Perù. Pochi chilometri e siamo già lontani dall’arida fascia costiera che si affaccia sul Pacifico. Questo è un paese immenso, grande quattro volte l’Italia e la varietà della sua topografia e dei suoi panorami esercitano un richiamo feroce su qualunque viaggiatore, garanzia di percorsi emozionanti. Per questo le ore che trascorriamo in macchina sono un continuo susseguirsi di fotografie in cui protagonisti assoluti sono il cielo e le nuvole perennemente in lotta con il sole, le montagne ricoperte di ghiaccio e i campi solitari, sconfinati.
Ci avviciniamo alle Ande, raggiungiamo quota 3.200 m.s.l.m. e facciamo tappa a Chavín de Huántar, sul versante orientale della Cordillera Blanca, nel posto in cui, tra il 1.000 e il 300 a. C., si sviluppò una ricca ed elaborata civiltà andina. Entriamo nel sito archeologico, poco prima che chiuda. Come sempre, durante questo nostro viaggio troviamo pochi visitatori, una vera benedizione quando ci si muove in luoghi così solenni. Accompagnati da una guida (consigliatissima) che parla italiano, entriamo in quello che è un centro cerimoniale preincaico tra i più famosi. Davanti a noi, una serie di templi in pietra distribuiti intorno a una piazza centrale. Ci sorprende scoprire che è possibile incunearsi all’interno dell’edificio più imponente, attraversarne gli stretti corridoi e perdersi in questo impressionante labirinto. Per la prima volta parliamo del San Pedro (o Wachuma, in lingua quechua) e del suo utilizzo nel corso delle cerimonie sacre. È un tema su cui torneremo spesso, insieme all’altra sostanza grande protagonista di alcune cerimonie, l’ayahuasca. Arriviamo al cuore della visita: il Lanzòn de Chavìn, un monolite di granito scolpito, oggetto di venerazione da parte delle antiche popolazioni. Difficile non rimanere colpiti dalla storia, dai racconti, dalla scenografia di questo sito e, tanto per cambiare, dalla suggestiva cornice in cui è inserito. Siamo nel Callejon de Conchucos, una valle remota, poco visitata, ricca di storia, con alberghi essenziali e pueblos immersi in un torpore secolare. Occorre ricordare di fare scorta di acqua e benzina, prima di partire. E denaro contante, per quel poco che può servire in questo universo lontano anni luce da ogni forma di consumismo
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Riprendiamo la strada verso nord, spesso sterrata, un percorso che si rivela lungo e impegnativo. Incontriamo poche auto e tanti solitari campesinos che camminano o semplicemente riposano seduti davanti a casa. Abbiamo la chiara sensazione che questi posti siano miracolosamente sfuggiti alla voracità dell’industria turistica e abbiano conservato quel mistero e quella rilassatezza che altrove sembra scomparsa.
Riprendiamo il nostro vagabondaggio verso nord e continuiamo a salire. Quelle che sembrano coperte ricamate a mano, sono campi coltivati a quote impossibili per noi europei. Ancora qualche curva, alziamo la testa e ci troviamo di fronte ghiacciai che superano i 5.000 metri. I ghiacciai ai tropici: bisogna vederli per crederci. Arriviamo a quota 4.700 m.s.l.m. e costeggiando un lago turchese, attraversiamo il “Tunel Punta Olimpica”, il più alto traforo carrozzabile del pianeta. A casa nostra, saremmo sulla cima del Monte Bianco.
Sulla Cordillera Blanca
Benvenuti nella Cordillera Blanca, una delle catene montuose più alte del mondo che, nei suoi 180 km di lunghezza racchiude 50 vette oltre i 5.700 m., la montagna più alta dei tropici (Huascaran, con i suoi 6.768 metri) e quella definita “la più bella del mondo” (il Nevado Alpamayo). Huaraz è il centro nevralgico delle Cordilleras, il punto da cui partire per camminare, scalare, arrampicarsi o semplicemente ammirare tutto il patrimonio racchiuso nel Parque Nacional Huascarán. Ma noi (tanto per cambiare) scegliamo di macinare chilometri e ci dirigiamo nel punto in cui i due colossi, la Cordillera Blanca e la Negra, quasi si sfiorano. È il Canón del Pato, una strettissima gola attraversata da una striscia di strada sterrata. Da un lato, la roccia viva, dall’altro il baratro (e sul fondo, il fiume), gallerie dove, a malapena, passa una sola auto per volta. History Channel ha inserito questo itinerario nel suo show “Rutas mortales”. Rende l’idea?
Seguendo la Ruta Moche
Ripartiamo. Ci aspettano 300 chilometri e 8 ore di strada per tornare verso l’oceano: destinazione Huanchaco e la solida promessa di sole, surf e pisco sour. Ecco i tradizionali caballitos de totora, fotogeniche barche di giunco che qui vengono costruite da duemila anni.
Questo tratto della costa settentrionale ha le carte in regola per mettere d’accordo sia gli amanti della vita di mare che gli appassionati di storia. Qui si trovano i resti di numerose civiltà preincaiche che fanno del Perù uno dei paesi con il patrimonio archeologico tra i più importanti al mondo. Sono così numerosi i siti racchiusi in questa parte del paese (si stima che siano almeno duemila) che è impossibile visitarli tutti ma trascurare questa ricchezza equivarrebbe a visitare l’Egitto senza vedere le Piramidi. Il nostro consiglio è di rivolgersi a un’agenzia per semplificare la logistica che, da queste parti, mette alla prova anche i viaggiatori più esperti. Indispensabile poi aver sempre una guida esperta accanto per trarre il massimo da queste incursioni nel passato. Scoprirete un patrimonio immenso e ne sarete travolti, al punto da trasalire ogni volta che sentirete descrivere il Perù come “la terra degli Inca”. Come se, parlando dell’Italia, si tacesse dell’Antica Roma.
Seguendo un tratto della Ruta Moche (dal nome dell’importante civiltà che si è sviluppata tra 100 e 800 d.C.), abbiamo visitato la Huaca (ovvero il tempio) del Sol y de la Luna, piramidi costruite in mattoni di adobe, ammirato le rovine di Sechin (1.600 a.C.), gli scavi della Huaca del Brujo dove sono stati ritrovati i resti della Señora de Cao, la donna al comando in questa zona circa 1.700 anni fa. Infine, abbiamo dedicato un’intera mattina a quel capolavoro di architettura moderna che è il Museo Tumbas Reales de Sipàn, a Lambayeque. In questo che è giustamente considerato uno dei musei più belli dell’intero paese, sono esposti i reperti rinvenuti nel sito di Sipán. La ricchezza dei gioielli e degli oggetti allineati sui diversi piani, unita alla suggestiva illuminazione renderanno la visita indimenticabile.
Chaparri: delirio di natura
Non occorre morire per andare in paradiso. Da Chilcayo, basta puntare verso est e in un paio d’ore di macchina (oppure chiamate l’eco resort Chaparri, verranno a prendervi) su strade in (buona) parte sterrate. E un po’ di fortuna. Perché certe mete bisogna guadagnarsele. Si chiama Reserva Ecológica Chaparrí e i nostri autori la descrivono così: “un sogno per gli ornitologi,…un posto assolutamente unico…e uno dei pochi posti al mondo dove avvistare il raro orso dagli occhiali”. Trentacinquemila ettari di foresta, gestiti direttamente dalla comunità (la prima del Perù, un esempio per tutto il Sudamerica) di Santa Catalina. 283 diverse specie di uccelli, tra cui condor, avvoltoi, aquile, ma anche puma, boa...
Un progetto di protezione ambientale di una regione di “bosco secco” che si estende fino al sud dell’Ecuador, una zona molto fragile che ha conservato la sua biodiversità grazie all’impegno della comunità e di un personaggio speciale: Heinz Plenge, fotografo, naturalista e visionario.
C’è un semplice (e indimenticabile) eco-lodge in adobe in cui si può pernottare. Noi vi abbiamo trascorso due notti, sufficienti perché questo luogo si incidesse in maniera indelebile nella nostra memoria ma poche per apprezzarne appieno la magia che trasmette. Fermatevi più a lungo, se potete.
Regione di Amazonas: mummie e cascate sepolte nella giungla
La cittadella di Kuélap e la cascata di Gotca sono due mete ben nascoste nella foresta nebulare, nel punto in cui le Ande incontrano la foresta amazzonica. Ci arriviamo dopo una giornata trascorsa in macchina (pur avendo scelto la strada più veloce) attraversando le Ande tra infiniti saliscendi e vette ricoperte di foresta apparentemente inesplorata (e inesplorabile). Dopo più di duemila chilometri percorsi tra ghiacciai tropicali e tesori archeologici, credevamo impossibile che questo viaggio potesse riservarci altre soprese. Ma non avevamo fatto i conti con la natura. La vegetazione qui ha la potenza debordante della vita, tutto avvolge, nasconde e talvolta rivela.
È il caso delle 219 mummie rinvenute dai campesinos, circa vent’anni fa, nella Laguna de los Cóndores (chi ama il trekking, non si perda questo percorso). Oggi sono conservate nel museo di Leymebamba, in una teca. La vista di questi corpi rannicchiati su se stessi è qualcosa che ricorderete a lungo, vostro malgrado. Ma l’esperienza è ancora più intensa se sceglierete di dormire nel piccolo lodge che sorge nello stesso edificio. Camere di sobria eleganza, servizio e cura dal sapore zen: Casa Mallqui è magnificamente gestita da Ayako, una donna giapponese che vi farà sentire il calore di casa, servendovi cena davanti al camino acceso.
Sembra un miraggio trovare, “into the wild”, sofisticati rifugi dove godersi lo spettacolo di questa regione così vasta, remota e poco incline a lasciarsi contaminare dal cosiddetto sviluppo. Eppure, anche la nostra tappa successiva è allietata da un piccolo rifugio curato in ogni particolare, di recente apertura. Siamo a Cocachimba, villaggio che è la porta d’ingresso alla catarata di Gocta, una cascata di ben 771 metri che fino al 2005 era del tutto ignorata dai viaggiatori. Non è facile arrivare fin qui, se non disponete di una macchina. Dal villaggio, il sentiero più breve, richiede un paio d’ore di cammino in mezzo alla foresta. Ad ogni curva la cascata attirerà il vostro sguardo da una prospettiva diversa finché, una volta raggiunta, potrete piacevolmente lasciarvi travolgere dagli spruzzi di acqua nebulizzata dal vento. Nella regione di Amazonas, ogni spostamento richiede pazienza e tempo pertanto, sebbene sia possibile raggiungere Cocachimba con una gita in giornata da Chachapoyas, il nostro consiglio è di pernottare qui, in uno dei diversi cottage sparsi nel villaggio, adatti a qualunque budget. Per coloro che possono permettersi qualche comfort in più, vi sono almeno un paio di scelte speciali. Una è l’ormai noto Gocta Andes Lodge ma la nuova stella del firmamento si chiama Gocta Natura, rifugio pieno di stile in perfetto equilibrio con l’ambiente circostante e con una cucina degna dei migliori ristoranti di Lima.
Tra le nuvole: Kuélap
L’ultima tappa del nostro viaggio ha il sapore del traguardo raggiunto in questo lungo vagabondaggio verso nord. Visitare la cittadella di Kuélap, senza dubbio il sito archeologico più famoso della regione di Amazonas, significa rendere omaggio a un simbolo del Paese. Non a caso, queste rovine vengono spesso paragonate alla ben più famosa e fin troppo visitata citttadella del sud (Machu Picchu). Oggi, arrivare fin quassù è decisamente più facile che in passato grazie alla nuova cabinovia, la prima in assoluto del Perù. Nonostante questa concessione ai grandi flussi turistici, al momento i viaggiatori internazionali sono ancora una minoranza, da queste parti. Eppure questo luogo rappresenta una tappa fondamentale per conoscere la storia delle civiltà preincaiche. I chachapoyas (il popolo delle nubi) sono ricordati come una delle civiltà più progredite della giungla amazzonica e per aver opposto una fiera resistenza agli Incas. Visitare Kuélap consente di ammirare quel che resta della particolari costruzioni a pianta circolare, decorate con disegni a rombo, abbarbicate in cima a una montagna a quota 3.100 m. Ma ciò che colpisce è l’incredibile isolamento in cui questa popolazione ha vissuto per circa mille anni fino ad arrivare a noi, protetta dalla giungla e dalle nuvole e rimanendo lontana dall’assalto dei torpedoni. Almeno, fino ad ora.
Angelo ha viaggiato in collaborazione con VisitPerù e Earth Viaggi. I collaboratori di Lonely Planet non accettano gratuità in cambio di recensioni positive.