Come sopravvivere a un’eruzione vulcanica: a Tonga gli insegnamenti hanno millenni di storia

Sulle isole dell’arcipelago di Tonga si è recentemente abbattuta una vera catastrofe naturale a seguito della eruzione del vulcano Hunga Tonga -Hunga Ha’apai, a metà strada tra il gruppo meridionale di isole dove ha sede la capitale Nuku’alofa (Tongatapu) e il gruppo centrale di isole (Ha’apai). Con una forte scossa sismica questo vulcano sottomarino ha dato luogo ad uno tsunami e ad una pioggia di cenere, che hanno creato uno strato di due centimetri di polvere su tutto il territorio. Eppure, la popolazione, “isolata” dalle relazioni con il resto delle isole dell’arcipelago perché privata dei mezzi per spostarsi, ha saputo reagire in modo eccellente all’accaduto. Questo è dovuto alla profonda conoscenza dell’ambiente e una tradizione tramandata da secoli per sopravvivere in questi luoghi estremi. L’esperta antropologa Gaia Cottino ci racconta come il mantenimento di questa cultura sia alla base della risposta immediata della popolazione.

tre ragazzi polinesiani remano in una canoa a Tonga
Le tradizioni legate al mare e alla terra hanno aiutato gli abitanti di Tonga ad affrontare l’isolamento ©maloff
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Eruzioni e tsunami: come le tradizioni possono salvare la vita

Isolati in mezzo all’Oceano dopo l’eruzione del vulcano Hunga Tonga, di fronte all’assenza di acqua potabile gli abitanti sono sopravvissuti ricorrendo all’acqua contenuta nelle noci di cocco. Si sono alimentati consumando quegli “alimenti di sicurezza” che una stratificata conoscenza agricola prevede di tenere nel campo per i momenti di emergenza, come il tubero del teve che, crescendo sottoterra, non può essere contaminato. E poi c’è stato chi, come Lisala Folau, è riuscito a mettersi in salvo nuotando e facendosi trasportare dalle correnti che uniscono le isole, grazie alle conoscenze secolari di una popolazione che si dice “a casa con il mare” perché per secoli ha navigato quelle acque, tutt’altro che pacifiche. Una popolazione cioè che ha imparato a leggere correnti, onde, forme e colori (con l’aiuto delle stelle e del volo di uccelli come le fregate, che compaiono su più d’una bandiera degli stati insulari del Pacifico).

La dimestichezza con gli eventi estremi non rende meno estremi gli eventi, ma riduce la conta dei morti e i danni sul lungo periodo. Il problema è che gli eventi estremi in Oceania, si stanno intensificando in forza e frequenza. La popolazione di Tonga si rivela dunque, da un lato, più attrezzata per il proprio patrimonio di conoscenze ma dall’altro più vulnerabile, dato che gli effetti del cambiamento climatico si manifestano in maniera più evidente in questo contesto geografico, come denunciano gli interventi allarmati di diversi rappresentanti delle isole insulari riunitisi alla COP21.

donna in abiti tradizionali guarda il mare da una barca a Tonga
La storia dell’arcipelago e degli abitanti di Tonga è fortemente legata al mare ©Lidiia Kozhevnikova

La consapevolezza genealogica contro l’emergenza climatica

La storia orale dell’arcipelago polinesiano della Tonga racconta che i primi abitanti arrivarono su canoe di legno carichi di vegetali e animali. Dopo aver “mangiato mare” per migliaia di miglia marine, da qui l’epiteto che definisce questi primi navigatori-esploratori come kai (mangiare) moana (mare), essi si distribuirono nelle centinaia di isole dell’arcipelago diventando kai fonua: mangiatori di terra, ovvero agricoltori. 

Navigatori contadini, dunque, questi abitanti parlanti proto-polinesiano e abilissimi nell’arte del vasellame, che circa 900 anni a.C. si sovrapposero ai già presenti abitanti non-umani delle isole.

Anche qui, i miti cosmologici sono d’aiuto nel ricostruire la posizione che questi umani occupano nel complesso ecosistema dell’arcipelago. Emerge infatti come essi siano gli ultimi arrivati in termini geneaologici: i fratelli minori di tutte le altre creature animate e inanimate delle isole. Nelle diverse versioni antropogoniche che circolano nell’arcipelago gli uomini nascono infatti da, e con l’aiuto di, animali e vegetali del mondo marino e terrestre che già dimorano sulle isole prima della loro comparsa, come tuberi e vermi.

Sarà questa “consapevolezza geneaologica”, rimasta incorporata anche dopo l’evangelizzazione di massa portata avanti dai missionari protestanti a partire dagli anni Venti del 1800, alla base della capacità di resilienza della popolazione tongana di fronte a eventi estremi?

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Colonialismo, investimenti e la compromissione dell’ecosistema

Gli abitanti dell’arcipelago non pagano però soltanto gli effetti di una politica energetica globale dissennata, ma anche delle proprie scelte politiche degli ultimi decenni, che hanno volto verso un adeguamento alle dinamiche e alle leggi dell’economia globale di mercato. Quest’ultime hanno suggerito, laddove non imposto in maniera neocoloniale, ricette economiche, per esempio, nelle politiche agricole, che hanno drasticamente ridotto la capacità di fare fronte sul lungo periodo ad eventi catastrofici promuovendo la monocoltura estensiva. 

Sin dall’arrivo dei missionari della London Missionary Society a inizio Ottocento, e con la complicità di alcuni capi locali che vedevano nel cristianesimo una forma più alta di mana (ovvero di potere e forza magico spirituale) con cui prevalere sui capi rivali, si ravvedono le prime tracce di perdita d’importanza di questo corpus di conoscenze. Alla fine dello stesso secolo, la partecipazione attiva dei missionari nell’unificazione dell’arcipelago sotto un solo capo che potesse loro garantire un unico interlocutore, a scapito dei molti capi che governavano su porzioni di terra e di mare nelle diverse isole del regno, contribuisce infatti a una radicale revisione del sistema sociale e fondiario dell’arcipelago. Quest’ultimo si trasforma così in un regno, governato da una monarchia ereditaria oggi rappresentata dai discendenti di quel capo che i missionari appoggiarono, e si smantella la precedente organizzazione politica. Gli undici capi che aderiscono al progetto accettando di sottostare all’autorità di quest’ultimo diventano nopele (nobili), con privilegi e diritti fondiari, e la popolazione comune, da sempre organizzata in grandi famiglie estese legate da parentela, passa da un regime di coltivazione collettiva degli spazi a una gestione atomizzata e nucleare della terra. Questo passaggio comporta l’eliminazione dalla figura del tahuifonua (guardiano della terra) responsabile, per il proprio sapere in campo ecologico, della coordinazione della coltivazione collettiva dei campi.

A seguito di questa “rivoluzione” si stabilisce che a ogni primogenito maschio, al compimento dei sedici anni di età, spetti un appezzamento di terra da coltivare e uno dove abitare, con il triplice effetto di trasformare tutti i tongani in contadini eliminando così professioni legate alle pratiche culturali e religiose antecedenti al cristianesimo, di affidare ai singoli capi famiglia la scelta di cosa coltivare e di frammentare una pianificazione agricola che sino a quel momento aveva avuto la forza della visione collettiva delle risorse. Viene meno, inoltre, il sistema dei tapu, parola polinesiana da cui deriva la parola tabù, che imponeva, sotto la rigida sorveglianza del tahuifonua, la sospensione della raccolta, della caccia o del consumo di un determinato vegetale o animale per un dato periodo di tempo, al fine di garantirne la riproduzione. Questo sistema era uno dei tanti sistemi elaborati dalla popolazione delle Tonga per controllare e rispettare i limiti ecologici del sistema in cui gli umani convivevano con le altre forme di vita.

Nonostante questi sconvolgimenti e riassetti fondiari, la terra a Tonga resta oggi inalienabile, cosa che ha allontanato alcuni investitori, come McDonald’s ma non altri: i cinesi che con sistemi d’investimento più raffinati hanno indebitato l’isola per milioni di dollari della moneta locale (il pa’anga). Tuttavia, la atomizzazione fondiaria ha fatto sì che i singoli tongani negli ultimi sessant’anni si facessero facilmente convincere a praticare la monocoltura, dati i benefici immediati da essa derivati. E quindi sulle fertili terre dell’arcipelago si sono alternate monocolture (banane, meloni, angurie e zucche), poi funestate da pesti sempre più resistenti e da una spietata concorrenza sul mercato internazionale. Queste scelte hanno lasciato, nei primi anni duemila, i terreni delle isole meno fertili e meno biodiversi, e i contadini non certo più ricchi di prima. 

Gli eventi estremi dovuti al cambiamento climatico si stanno intensificando in forza e frequenza Nana ©Trongratanawong
Gli eventi estremi dovuti al cambiamento climatico si stanno intensificando in forza e frequenza Nana ©Trongratanawong
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La rivincita dell’agro-foresta

Fortunatamente, a macchia di leopardo alcuni contadini non si sono mai adeguati ai suggerimenti del mercato, continuando a praticare una agricoltura sinergica integrata con la foresta tropicale, che prende il nome di agro-foresta. Come in altri contesti d’Oceania, il principio si basa sulla integrazione dell’agricoltura nella foresta; pertanto, i campi diventano “giardini a scadenza” che al termine del ciclo produttivo vengono riassorbiti nella foresta secondaria.

Proprio questi saperi, non dimenticati ma in gran parte sopiti, sono da un decennio a questa parte oggetto d’interesse e recupero del governo, che si sta rendendo conto del patrimonio intangibile di cui dispone per fare fronte al benessere della sua popolazione, non solo umana, una popolazione che vive dei prodotti della propria terra e di rimesse dei parenti della diaspora residente all’estero.

Il triplo del numero dei tongani residenti a Tonga vive infatti fuori dal regno, ed è per questo che si usa il termine diaspora per indicare il fenomeno migratorio. Sono coloro che tra l’Australia, la Nuova Zelanda, le Hawaii e la California curano i giardini, potano gli alberi, fanno la manutenzione dei parchi, come racconta il recentemente scomparso antropologo Tongano Epeli Hau‘ofa. Sono, in buona sostanza, quell’esercito che rende più verdi le città del primo mondo insulare, e la cui dimestichezza con la mobilità ereditata dai propri antenati mangiatori di mare e con i giardini ereditata dai propri antenati mangiatori di terra, li rende attori attivi nella costruzione di possibili soluzioni a problemi comuni.

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Tonga
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