Il tempo delle Isole di Tahiti

In quel momento, nelle Isole di Tahiti, tutto il tempo sembrava radunarsi. Non si era fermato, né dilatato, né stava tornando indietro, o un’altra di queste frasi abusate; ma era come se tutto il tempo, passato presente e futuro, si fosse concentrato lì, a bordo di una barca appoggiata sul respiro delle impercettibili e lunghissime onde della laguna di Ra’iātea e Taha’a, sullo sfondo inconfondibile di Bora Bora. Eravamo appoggiati sull’acqua incredibilmente piatta e immersi nella luce di un tramonto color miele.

Tramonto a Taha’a. Credits Piero Pasini
Tramonto a Taha’a. Credits Piero Pasini
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Tutto in un tramonto

Tutto il cielo era arancione, e ascoltavamo la voce di Heinui Teahui, profonda, calma di una calma eterna, provenire dal fondo di quell’abbaglio di luce. Parlando un inglese che cadeva ogni due parole in un magnifico accento franco-polinesiano, questo imponente uomo maori di 55 anni, altero e bonario al tempo stesso, sedeva sul bordo della barca con la quale per tutto il giorno avevamo esplorato ogni possibile tonalità di azzurro, ci eravamo fermati a mangiare pesce grigliato su un motu, una lingua sabbiosa coperta di palme, e avevamo alla velocità della luce fatto amicizia. Con il capo e i polpacci ornati di foglie intrecciate semplicemente e con grande eleganza, Heinui raccontava in un flusso di pensieri continuo, passando dalla storia all’astronomia, illustrandoci le correnti e la mappa della sua vita disegnata nei suoi tatuaggi, cambiando quasi timbro di voce, quando dall’inglese passava alle parole della sua lingua madre. Era come se attraverso di lui parlassero i suoi antenati e i suoi contemporanei, il passato e il presente, in un tutto immoto. Quella era la sensazione.

Il Marae di Taputapuatea

O almeno è stato in quell’occasione che più chiaramente questo pensiero si è fatto largo. A Ra’iātea e Taha’a era già successo. Il giorno prima eravamo sul cassone di un pick-up, accarezzati da un vento straordinariamente secco nonostante fossimo in mezzo al mare, e avevamo raggiunto il Marae di Taputapuatea. È un tempio dedicato al dio ‘Oro, un portale di connessione fra il mondo dei vivi e quello dei morti, un luogo per assemblee, un sito UNESCO, ma soprattutto - questo l’elemento più interessante - il punto di partenza dal quale i maori si sarebbero diffusi in tutta la Polinesia, dalle Hawaii a Rapa Nui alla Nuova Zelanda, in una delle epopee marittime più grandiose della storia dell’umanità, della quale avevo letto nei libri. Il marae si trova esattamente di fronte al passaggio sacro di Ta Ava Mo’a, attraverso il quale gli antichi viaggiatori uscivano dalla laguna per esplorare il Pacifico. È un sito archeologico composto da diversi blocchi di pietra, che occupano una vasta area di terra tra la spiaggia luminosa - col cielo e il mare smodatamente azzurri, e i grandi frangenti che tuonano fuori sulla barriera di coralli - e la montagna sacra di Tea’etapu, perennemente incappucciata da una nuvola.

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Ra’iātea. Credits Piero Pasini
Ra’iātea. Credits Piero Pasini

Suoni ancestrali

La percezione di un luogo dal tempo concentrato ci ha pervaso quando su quella montagna siamo saliti, e a bordo del nostro pick-up ci siamo inoltrati in una giungla tutt’altro che inospitale, bensì accogliente come un giardino di delizie, incontrando madri dai seni nudi e fiori all’orecchio che passavano il pomeriggio con i figli facendo gioiosi bagni nel fiume, come 100, 1000 anni fa. Era accaduto anche giorni prima, a Papeete sull’isola di Tahiti, quando un giovane e flemmatico tatuatore aveva sfoderato un vivo, ovvero il flauto nasale polinesiano, emettendo letteralmente dalla faccia, di una delicata bellezza, un suono sconosciuto ma del tutto noto, come se avesse fino a quel momento albergato dentro di noi. Quel suono aveva portato immediatamente la pace dell’immenso cielo polinesiano, della giungla di alberi da frutto, del gorgogliare dei ruscelli nella periferia della città percorsa dalle auto. La melodia pareva riemergere dal cemento, come se fosse sempre stata lì, per tutto il tempo.

Baia di Matavai. Credits Piero Pasini
Baia di Matavai. Credits Piero Pasini
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Specchiarsi nella baia

E forse già nella Baia di Matavai, il luogo del primo contatto fra europei e polinesiani, avevamo sentito questa sensazione di un tempo concentrato, che non scorre né lineare né circolare, ma in una spirale concentrica che si restringe e si amplia al tempo stesso, come in quei giochini ottici, respirando come il ciclo delle maree. Matavai significa ‘gli occhi del mare’, perché in questa vasta baia abbracciata dalle rocce densamente vegetate, approfittando dell’acqua cristallina e della sabbia vulcanica nera, i nativi delle isole venivano a specchiarsi. Non avevano specchi, solo 250 anni fa. Un giorno del 1767, dopo essersi specchiato, qualcuno alzando lo sguardo deve aver visto improvvisamente una nave dalla forma sconosciuta all’orizzonte. E il tempo deve aver perso di significato.

Bora Bora. Credits Piero Pasini
Bora Bora. Credits Piero Pasini

A tempo di rap

Tutti questi ‘shock’ temporali hanno iniziato ad assumere un senso a bordo della barca di Heinui. Ma è stato proprio lui, quando il sole cominciava a confondere in contorni di Bora Bora calando alle sue spalle in un gran finale di tramonto, ad annullare definitivamente l’idea che il tempo nelle Isole di Tahiti scorra come ‘da noi’. Interrompendo bruscamente il racconto in cui tutti eravamo calati fino alla cima dei capelli, preso il telefono in mano, ha fatto partire una base funk e si è messo a fare un rap cadenzato e coinvolgente in lingua polinesiana, da lui scritto e pubblicato online. L’abbiamo ascoltato divertiti salpando l’ancora, mentre prendevamo dal cool-box rhum e succhi di frutta per preparaci delle specie di Mai Tai e tornare felici verso terra.

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Come raggiungere Tahiti dall’Europa e come muoversi tra le isole

Raggiungere Tahiti dall’Italia richiede un viaggio lungo ma ampiamente ripagato. Arrivate a Parigi come volete, da qui Air Tahiti Nui opera voli con scalo a Los Angeles diretti all’aeroporto internazionale Faa’a di Papeete, il più grande della Polinesia Francese. È consigliabile però prevedere una notte di riposo all’arrivo, per smaltire il fuso orario e iniziare il viaggio in modo più consapevole. Una volta giunti a Tahiti, ci si può spostare facilmente a Raiatea con un volo interno (circa 45 minuti di volo) con aerei che i tahitiani utilizzano con la stessa semplicità con la quale salireste su un autobus. I voli partono più volte al giorno dall’aeroporto Faa’a, consentendo una programmazione flessibile.

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Polinesia Francese
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