Sulle orme dei cavalli dei nomadi in Kirghizistan

Redazione Lonely Planet
6 minuti di lettura

Cavalcare, magari al galoppo, negli spazi aperti dà un grande senso di libertà. E uno dei modi migliori di sperimentare questa sensazione è un viaggio a cavallo attraverso il Tien Shan (‘Montagne celesti’), in Kirghizistan, con un percorso ad anello a lunga distanza tra gole, foreste e il paradiso estivo del Song-Köl.

Cavalli liberi davanti alle alture del in Kirghizistan  ©Tien Shan/Shutterstock
Cavalli liberi davanti alle alture del in Kirghizistan ©Tien Shan/Shutterstock
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La storia degli altopiani del Kirghizistan e delle sue popolazioni sarebbe incompleta senza il filo conduttore del cavallo, un animale strettamente legato al passato della regione come i tessuti un tempo trasportati qui lungo la Via della Seta. I venti e le correnti dei secoli hanno cambiato il pianeta, ma in queste terre l’uomo e il cavallo convivono ancora in una fragile armonia. Le mandrie di cavalli robusti sono ancora l’orgoglio del popolo kirghiso.

Il cavallo è uno dei modi più pratici per spostarsi nelle zone montuose del Kirghizistan, dove le strade, spesso pericolose, rallentano il viaggio in auto. È anche il modo più veloce per immergersi nella cultura ospitale dei pastori nomadi kirghisi e nel clima non proprio ospitale dei volubili Tien Shan. Potete scegliere di percorrere l’intero circuito di 400 km da Rot-Front o solo un tratto, ma un viaggio a cavallo attraverso il Kirghizistan, che duri tre o 30 giorni, offre l’occasione di seguire le orme degli antichi mercanti della Via della Seta e di esplorare una terra che è un punto di incontro tra la steppa, le montagne e il cielo. 

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Partire con lo zoccolo giusto

Tenendo a mente la filastrocca secondo cui a causa di un cavallo mal ferrato un re perse il suo regno, prima di intraprendere questa avventura a cavallo è fondamentale una preparazione accurata. Le montagne e la steppa del Kirghizistan sono selvagge e remote, quindi quando affittate i cavalli, accertatevi che siano adatti al trekking, in buona salute e del peso giusto. Verificate inoltre le condizioni dell’equipaggiamento: dovrete cavalcare per quattro/sei ore al giorno, e le infiammazioni provocate dalla sella possono porre fine al trekking. Se non siete esperti cavallerizzi, fatevi accompagnare da una guida. Certo, questo cambia le cose, ma spesso per il meglio: le guide parlano la lingua locale e consentono una comprensione più profonda della cultura kirghisa. 

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Il lago Issyk-Kul ©alwih/Shutterstock
Il lago Issyk-Kul ©alwih/Shutterstock

Una nuova routine

Una volta preparate le bisacce, è il momento di dire addio alle comodità sedentarie e di partire per gli altopiani. Molti escursionisti a cavallo caricano sullo smartphone una serie di cartine sovietiche digitalizzate, che però sono vecchie e raramente aggiornate. Spesso è necessario chiedere indicazioni. Ben presto dovrete fare affidamento sui pastori nomadi che guidano le greggi attraverso queste montagne lungo gli stessi sentieri che i loro antenati percorrevano da secoli per raggiungere gli jailoo (pascoli d’alta quota).

Avvicinandosi al microclima secco del Canyon Konorchek, si crea una routine tra cavallo e cavaliere: sveglia, colazione, smantellamento del campo, preparazione dei cavalli; cavalcata, pranzo; cavalcata, allestimento del campo, cena, sonno. I primi giorni sono difficili. E anche se la velocità media a cavallo è di soli 4 km/h, sarete sorpresi dalla rapidità con cui cambia il paesaggio. Con il passare dei giorni, il concetto del tempo potrebbe dissolversi, mentre la mente e il corpo si adattano al ritmo del cavallo e degli spazi aperti. Ogni giorno è pieno di sfide, dalla necessità di seguire il sentiero e trovare l’erba per i cavalli, all’instaurare un rapporto di collaborazione tra cavallo e cavaliere. 

sarete sorpresi dalla rapidità con cui cambia il paesaggio ©Sergey Zuenok /Shutterstock
sarete sorpresi dalla rapidità con cui cambia il paesaggio ©Sergey Zuenok /Shutterstock
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Arrivo nel Tien Shan centrale

Il Tien Shan è una delle oltre 88 catene montuose principali del Kirghizistan e i sentieri rocciosi di questo percorso sono molto impegnativi. I cavalieri devono attingere a piene mani alle loro riserve mentali e fisiche per raggiungere gli alti passi sulla strada per il Song-Köl, ma la forza e la resistenza del cavallo sono una costante fonte di ispirazione. Finché il sole non brucia l’erba in agosto, i versanti delle montagne sono verdi per la vegetazione primaverile, anche se le cime sono ancora coperte di neve.

Il passo Kerkebes, a circa 3600 m, offre un panorama in ogni direzione su cime, colline e valli dove, in ogni villaggio, i ciclisti possono chiedere alloggio in una fattoria e godersi uno scrub in una banya russa, una via di mezzo tra una sauna e un bagno pubblico. Salendo verso il Song-Köl attraverserete valli tappezzate di fiori e popolate da marmotte dalla coda lunga, facili da individuare mentre si spostano da una tana all’altra; in cielo volteggiano aquile e altri rapaci che sfruttano le correnti ascensionali.

Le esigenze del cavallo hanno la priorità in questo tipo di viaggio ©POUSSINFRANCAIS /Shutterstock
Le esigenze del cavallo hanno la priorità in questo tipo di viaggio ©POUSSINFRANCAIS /Shutterstock

Sulle sponde del lago al Song-Köl

Quando compare alla vista il Song-Köl, siete già a metà del viaggio. Ormai sarete entrati in sintonia con il cavallo e avrete imparato a interpretare le sue parole non dette, tenendo presente che le sue esigenze sono la priorità assoluta. Sulle rive del lago scintillante, con ricchi pascoli che si estendono a perdita d’occhio, cavaliere e cavallo possono concedersi qualche giorno di riposo. Qui sono disseminati quartieri di nomadi in cui i pastori e le loro famiglie trascorrono l’estate. Più di tre yurte indicano in genere un’attività turistica e possono ospitare agevolmente gli escursionisti. Solo una o due yurte? Potete comunque chiedere di fermarvi, ma difficilmente avrete una sistemazione privata. I campi sono ambienti socievoli. Una volta terminate le faccende, i pastori visitano le altre yurte. Anche gli escursionisti spesso vengono invitati per il tè o addirittura a pranzo o a cena: non mancate di accettare. Queste occasioni di socializzazione sono un pilastro dell’ospitalità della steppa. I visitatori possono anche dare una mano nei lavori quotidiani, come mungere le mucche e le giumente o preparare il plov, un piatto molto diffuso nell’Asia centrale a base di riso con verdure, carne (spesso agnello) e aglio. Nei mesi freddi i pastori nomadi si dedicano a giochi come il kok boru, una specie di palla prigioniera a cavallo, non adatto alle persone impressionabili (neanche da spettatori): la palla è la carcassa decapitata di una pecora morta.

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Verso Rot-Front

Il Song-Köl potrebbe invogliarvi a fermarvi per sempre, ma dovete tornare a Rot-Front. Dopo qualche giorno di permanenza in famiglia, potreste apprezzare la libertà di riprendere il cammino. È facile godersi i piaceri più semplici: osservare i cavalli che sonnecchiano al sole del mattino mentre bevete un caffè bollente o notare che ogni cavallo ha i propri gusti in materia di pascoli. Cavalcare nelle foreste delle gole di Shamsi invita a riflettere e ad apprezzare il viaggio. Il mondo osservato a dorso di un cavallo ha un sapore diverso, e si può capire perché i kirghisi coltivino da sempre il loro rapporto con questi animali, un legame basato sulla fiducia e comunicazione reciproca. Scendendo dall’ultimo passo verso Rot-Front e ammirando le spettacolari vedute della Valle di Čuj, potreste ripromettervi di tornare ogni anno.

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Come organizzare il viaggio

Come arrivare

Si può raggiungere Rot-Front dalla capitale del Kirghizistan, Bishkek, con un marshrutka (autobus locale); dall’autostazione orientale i mezzi effettuano diverse partenze al giorno.

Quando andare

Giugno, luglio e agosto sono i mesi migliori per i trekking a cavallo. Prima di giugno i passi di montagna possono essere ancora innevati; dopo agosto ci sono pochi pascoli per i cavalli.

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Destinazioni in questo articolo:

Kirghizistan
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