Skrei, viaggio alle Lofoten con le immagini di Valentina Tamborra
Chiacchierando al Fuori Salone di Milano vieni a scoprire della rocambolesca storia di un nobile mercante veneziano che, nel Quattrocento, naufragò alle isole Lofoten, venne salvato e curato dagli abitanti dell’isola di Røst e tornò in patria portando con sé i segreti dello stoccafisso. C’è chi torna a casa e si dimentica l’accaduto e c’è chi, come la fotoreporter Valentina Tamborra, parte per un viaggio di quasi due anni, tra la Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma, la Biblioteca Nazionale Marciana e il mercato ittico di Venezia, e tutta la forza dell’Artico.
Quel che nasce è Skrei, un progetto fotografico che avvicina secoli e nazioni, trovando forti legami tra Italia e Norvegia; tra viaggiatori che comprendono la necessità di rispettarsi e conoscersi; tra l’uomo e il mare che non può comandare neppure con la tecnologia. La storia di Piero Querini diventa il pretesto per andare a scoprire queste isole estreme, dove la vita non può prescindere dalla forza cruda della natura e dove la poesia fiorisce anche nelle lunghi notti artiche.
Å skrida in antica lingua vichinga significa “viaggiare, migrare, muoversi in avanti”: da questa espressione deriva il termine skrei. Lo skrei è un particolare tipo di merluzzo norvegese, che compie ogni anno una vera e propria migrazione dal mare di Barents verso le acque più calde della costa settentrionale norvegese al fine di riprodursi. Pietro Querini ci svela la vita dei pescatori in quella remota porzione di mondo nel 1432, mentre Valentina Tamborra ci racconta di pescatori in una terra estrema dove è il pesce o quasi l’unica fonte di sostentamento; di un mercato ittico che è cuore pulsante di Venezia e che sorge proprio sulle rovine di casa Querini; di un pesce “povero” che appartiene al ghiaccio e ai venti e che diventa eccellenza nella cucina Italiana. Ma abbiamo chiesto a Valentina di raccontarci qualcosa in più.
Cosa ti ha spinto a voler compiere e raccontare il viaggio di Pietro Querini?
"Niente è più necessario a chi va per il mondo che l'essere di aperte vedute e comportarsi di conseguenza".
Questo scrive Pietro Querini nel suo diario del naufragio, datato 1431. Questa è la frase che mi ha spinto a voler affrontare e raccontare questa storia. Come fotografa, come fotoreporter mi trovo ad avere a che fare con persone di ogni parte del mondo. Ciò che scrive Querini è assolutamente contemporaneo. E poi c'è il lato della sventura che diventa opportunità: grazie a quel naufragio noi oggi possiamo mangiare lo stoccafisso. Anche questo è un insegnamento di vita: naufragare non significa solo perdersi ma anche scoprire nuovi mondi.
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Dove ti ha portato questo viaggio?
Sono partita da Roma, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, per fotografare il diario di Pietro Querini. Ho poi fatto tappa a Venezia, alla Biblioteca Marciana, dove nella sezione manoscritti rari è conservato un altro diario, quello di due ufficiali di bordo naufragati insieme a Querini. Anche loro raccontano la medesima storia. Questo è stato un viaggio che ritengo fondamentale, in luoghi solitamente di difficile accesso, ma grazie a cui ho potuto portare a termine la fase di documentazione, che ritengo fondamentale per ogni lavoro.
Infine per ben due volte oltre il circolo polare artico la prima agosto 2019 e poi marzo e parte di aprile 2020 (stagione della pesca). Qui ho raccontato quindi le isole Lofoten con particolare accento su Røst, l'isola su cui Querini e i suoi uomini vennero accolti dopo il naufragio.
Qual è stato il luogo che ti ha meravigliato di più?
Il luogo a cui sono più legata è l’isola di Røst. È stato molto emozionante trovare tanto calore e una conoscenza cosi forte di un'antica storia in un'isola remota e estrema. Inoltre il legame con l'Italia è cosi forte da aver creato un'opera lirica dedicata a Querini e da ospitare l'Accademia dante Alighieri più settentrionale del mondo. Accademia presieduta dall'unico medico dell'isola, Kiely-Arne, che parla un ottimo italiano.
Qual è stato il momento più difficile?
Sicuramente il clima estremo, le tempeste, onde alte anche 12 metri non sono elementi facili con cui lavorare. Ma nell'Artico si impara presto che la natura domina e che come uomo puoi solo accettarlo e adattarti.
Qual è lo scatto a cui sei più affezionata?
Sono legata a ogni immagine perché ogni immagine è una storia. Ma forse quella a cui sono più legata è la fotografia di Kare Martin, un anziano pescatore. Conosciuto a agosto, se ne è andato a 85 anni in gennaio. Sedeva sempre davanti alla finestra con il suo binocolo per guardare la barca ormeggiata proprio di fronte. Era la sua prima barca e con lei aveva imparato a pescare a 16 anni.
La mostra di Valentina Tamborra Skrei - Il viaggio sarà nuovamente visitabile a Milano, presso la Fondazione Stelline, non appena riapriranno i musei. Nel frattempo viaggiate con gli scatti di Valentina.