Norouz: il Capodanno iraniano che dà il via alla primavera
La festa preislamica del Norouz cade il 21 marzo, equinozio di primavera. È una grande festa familiare, paragonabile al Capodanno dei paesi occidentali. Molte persone si concedono due settimane di vacanza e Teheran praticamente si svuota: è un momento perfetto per scoprire la ricchezza dell’antica cultura persiana e visitare l’Iran insieme ai suoi abitanti, salutando la primavera in arrivo.
Norouz, letteralmente ‘nuovo giorno’, è il nome dato al Capodanno persiano, una festa le cui radici si perdono nella notte dei tempi e che in realtà è soprattutto una cerimonia tradizionale di rinnovamento e speranza per il futuro. L’equinozio di primavera (di solito il 21 marzo) si celebra infatti fin dal tempo degli Achemenidi. È una tradizione tipicamente persiana che non ha nulla a che vedere con l’islam: un fatto di cui molti iraniani vanno fieri, anche se la cosa non è vista di buon occhio dalla teocrazia islamica.
Haft Sin
La festività del Norouz si protrae per circa tre settimane. A parte lo shopping sfrenato, la sua peculiarità è la tradizione degli haft sin (le sette ‘s’, cioè sette, o più, oggetti simbolici i cui nomi in lingua farsi iniziano con la lettera ‘s’) che si trovano in vendita nelle bancarelle. Come l’albero di Natale, questi oggetti sono pensati per essere esposti nelle case, anche se in realtà si vedono un po’ dappertutto, dagli studi dei notiziari televisivi ai cruscotti dei taxi. Di seguito riportiamo quelli che oggi sono i sin più comuni, con il loro significato simbolico:
- Sabzi (erbe o germogli verdi) e samanu (budino dolce di grano) rappresentano un auspicio di buona salute e di fertilità.
- Sir (aglio) e sumaq (sommacco) rappresentano un auspicio di buona salute.
- Sib (mela) e senjed (frutta secca) rappresentano le dolcezze della vita.
- Sonbol (giacinto) rappresenta la bellezza.
Su molte tavole potrete vedere anche il sekeh (una moneta d’oro che simboleggia il benessere economico), il serkeh (aceto, per tenere lontana l’amarezza), uno specchio, un Corano e delle candele. Vedrete anche dei pesciolini rossi che nuotano in ciotole minuscole: simboleggiano la vita, anche se dopo il Norouz muoiono a milioni.
Chaharshanbeh Suri
La notte del martedì che precede l’ultimo mercoledì dell’anno si tiene il Chaharshanbeh Suri, (‘mercoledì rosso’), una festa in cui la gente canta, balla (solo gli uomini) e salta sui falò. Il salto simboleggia la volontà di esorcizzare la sventura e la malattia, scacciate dal sacro vigore delle fiamme. Purtroppo non è facile riuscire a vedere un fuoco acceso in Iran.
Il governo, infatti, considera il Chaharshanbeh Suri una festa pagana e talvolta capita di assistere a discussioni molto animate tra coloro che festeggiano e qualche poliziotto o miliziano del Basij (non troppo convinti). In alcune città, a denti stretti, le autorità hanno concesso il permesso di accendere i falò in punti ‘autorizzati’, ma raggiungerli può essere pericoloso per via dei fuochi d’artificio, senza contare il rumore assordante. In altre città i falò sono espressamente vietati. Informatevi chiedendo alla gente del posto.
Norouz
Quando alla fine arriva il Norouz, le famiglie si riuniscono intorno al tavolo degli haft sin e recitano una preghiera per assicurarsi felicità, buona salute e prosperità, prima di consumare sabzi polo (riso con verdure) e mahi (pesce). Le madri devono anche compiere l’atto simbolico di mangiare uova sode, una per ciascun figlio. Al momento dell’equinozio (annunciato da tutte le stazioni radiofoniche), la gente si scambia baci e abbracci e i bambini ricevono eidi (regali). Per le successive due settimane gli iraniani si recano in visita a parenti e amici nel luogo d’origine.
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Sizdah be Dar
Le celebrazioni del Norouz terminano il 13° giorno dell’anno, il Sizdah be Dar (di solito il 2 aprile). Tutti lasciano la città per un picnic fuori porta, portando con sé l’haft sin sabzi. Il sabzi viene poi gettato in acqua o, in alcuni casi, lasciato sul tettuccio dell’auto perché venga disperso dal vento. In entrambi i modi ci si dovrebbe liberare della sfortuna, in quanto il sabzi dovrebbe aver assorbito tutte le negatività dell’anno appena trascorso.