Il viaggio di Yao: in Senegal alla ricerca delle proprie radici

Un film delicato, una storia che è importante ascoltare. È Il viaggio di Yao, un film di Philippe Godeau, dal 4 aprile nelle sale italiane che ha come protagonista Omar Sy, conosciuto in Italia per Quasi amici e Famiglia all’improvviso.

Il viaggio di Yao
Una scena dal film Il viaggio di Yao, di Philippe Godeau
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Il film racconta che esistono tanti tipi di viaggi e di come, nel momento in cui decidiamo di intraprenderli, c’è sempre una ragione, anche quando non ne siamo pienamente consapevoli.

Al centro della vicenda Yao (Lionel Basse), che vive nel nord del Senegal, ha tredici anni e vuole incontrare a tutti i costi il suo idolo: Seydou Tall (Omar Sy), un celebre attore francese invitato a Dakar per presentare il suo nuovo libro. Per realizzare il suo sogno Yao organizza la sua fuga a 387 chilometri da casa. Toccato dal gesto del ragazzo, Seydou decide di riaccompagnarlo a casa attraversando il paese. 

Questo semplice stratagemma lega i due personaggi in un rapporto che di volta in volta si trasforma: da coppia padre-figlio, a compagni di viaggio, a studente-maestro senza mai irrigidirsi in una definizione, ma muovendosi sul tempo lento ma incalzante dell’avventura.

È un viaggio di ritorno alle radici, in cui Seydou approfitta dell’incontro con Yao per fare ciò che non aveva mai fatto: prendersi il tempo per capire da dove viene. Ed è così che all’inizio arriviamo a Dakar e ci stupiamo della differenza con Parigi attraverso un montaggio alternato, poi abbiamo difficoltà a inserirci nei tempi lenti del paese, proprio come il protagonista, e finiamo con l’innamorarci di un luogo che non ci viene presentato dal punto di vista turistico, ma attraverso un reale sempre confrontato con gli occhi di chi lo vede per la prima volta e chi lo vive da sempre. Attraverso un Senegal sospeso tra la magia della tradizione e la vivacità del presente, entrambi i personaggi affrontano percorsi interiori diversi.

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Yao a tratti è così maturo da risultare al limite della credibilità, aspetto stemperato dalla leggerezza della sceneggiatura. Il suo viaggio è fisico, ma rappresenta anche il desiderio di chi insegue un sogno con determinazione ed è disposto a lasciare la famiglia per raggiungere qualcosa di intangibile, ma idealmente migliore. L’uomo che Yao si trova davanti è più complesso, dello scrittore che aveva idealizzato, forse deludente, talvolta, ma la saggezza del giovane riesce ad andare oltre. 

Il percorso di Seydou, invece, acquista delle connotazioni quasi mistiche e lo spettatore non si limita a conoscere, attraverso il protagonista, la sua cultura, ma cambia insieme a lui per accoglierla e comprenderla.

Yao (Lionel Basse) e Seydou (Omar Sy) nel film Il viaggio di Yao, di Philippe Godeau
Yao (Lionel Basse) e Seydou (Omar Sy) nel film Il viaggio di Yao, di Philippe Godeau
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Del resto è proprio questo uno degli obiettivi del regista, Philippe Godeau, che dice:

“Credo nel potere del cinema di ampliare le coscienze e mi piace quando il fantastico e il realismo si sostengono a braccetto. Ho l'impressione che a contatto uno dell'altro diventino virtuosi. Soprattutto in una società come la nostra in cui ciascuno deve stare al suo posto e si ha paura del diverso. Quando il cinema ci permette di affrontare le nostre paure e di renderle meno terrificanti è straordinario! Il cinema ci consente di entrare nelle case delle persone e di guardarle in modo diverso. Vorrei che Il viaggio di Yao consentisse agli spettatori di interrogarsi sul concetto di diversità.“

Per questo ci è piaciuto, perché è una fiaba che chilometro dopo chilometro mostra il Senegal con occhi nuovi, e perché la polvere del viaggio di Yao ci resta addosso, con tutti i suoi significati.

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Senegal
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