Non è facile essere secondi a Cuzco e Machu Picchu nel circuito turistico internazionale del Perú, ma questo è un dettaglio di secondaria importanza e l’arequipeño medio non pare soffrire di gelosia. I peruviani di altre regioni del paese affermano, con una buona dose di ironia, che per entrare nella seconda città peruviana per dimensioni occorre esibire il passaporto: infatti, questa metropoli è grande un decimo rispetto alla capitale, ma la eguaglia con fierezza in termini di tradizioni gastronomiche, rilevanza storica e fiducia nelle proprie possibilità. Dominata da ben tre maestosi vulcani, Arequipa gode di una posizione magnifica, a prescindere dalla precarietà legata ai terremoti - i quali devastano regolarmente la regione: il più recente, nel 2001, ha provocato danni ingenti. Fortunatamente, l’architettura della città, che vanta un formidabile repertorio di edifici barocchi- mestizo costruiti con la pietra bianca locale sillar, ha finora saputo superare brillantemente quasi tutte le prove a cui la Madre Terra l’ha sottoposta. Nel 2000 il centro storico è stato meritatamente dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e la gigantesca cattedrale, con l’eterea immagine di El Misti (5825 m) che incombe alle sue spalle, giustifica da sola una visita alla città. A prescindere dall’incantevole panorama urbano, Arequipa ha svolto un ruolo di fondamentale importanza per il rinascimento gastronomico del Perú; classici piatti piccanti come il rocoto relleno, il chupe de camarones e l’ocopa, che si gustano al meglio nelle tante picanterías della città, sono stati tutti inventati qui. Gli arequipeños, inoltre, sono gente fiera e amante del dibattito intellettuale, soprattutto per quanto riguarda i fervidi ideali politici, che esprimono regolarmente nel corso di tante dimostrazioni in Plaza de Armas. Non sorprende, quindi, che in questa città sia nato uno dei più importanti romanzieri dell’America Latina, Mario Vargas Llosa, un gigante della letteratura che nel 1990 si candidò senza successo alla presidenza peruviana.
Le prove dell’insediamento di popolazioni provenienti dalla zona del Lago Titicaca in epoca preincaica hanno spinto alcuni studiosi a ritenere che il nome della città si debba agli aymara, nella cui lingua ari significa "vetta" e quipa "situato dietro", da cui Arequipa, ovvero il "luogo situato dietro la vetta" di El Misti. Una leggenda molto diffusa narra invece che il quarto inca (re), Mayta Cápac, trovatosi ad attraversare la valle, ne sarebbe rimasto incantato. Avrebbe quindi ordinato al suo seguito di fermarsi, dicendo "Ari, quipay", che si potrebbe tradurre con "Sì, restate". Gli spagnoli fondarono nuovamente la città il 15 agosto del 1540, una data che viene ancora oggi ricordata con una fiera che dura una settimana.
Arequipa è costruita in un’area ad alto rischio di disastri naturali, e infatti venne completamente distrutta da terremoti ed eruzioni vulcaniche nel corso del XVII secolo, e, in seguito, colpita da devastanti terremoti nel 1687, 1868, 1958, 1960 e 2001. Per tale ragione, molti edifici sono bassi. Va detto che, nonostante i disastri, numerose splendide strutture storiche sono giunte fino ai nostri giorni.