Da vedere

Monasterio de Santa Catalina

  1. Santa Catalina 301, Arequipa, Perú
  2. Museo - Monastero, museo

Anche se proprio non ne potete più di edifici coloniali, non dovreste perdere questo monastero che occupa un intero quartiere ed è cinto da mura imponenti: è uno degli edifici religiosi più affascinanti di tutto il Perú. Non si tratta di un’unica costruzione, bensì di un complesso religioso di 20.000 mq, quasi una cittadella nella città, fondato nel 1580 da una vedova benestante, Doña María de Guzmán.

Esistono due modi di visitare Santa Catalina. Uno è quello di gironzolare per proprio conto, respirando l’atmosfera mistica e perdendosi tra le stradine tortuose (se avete problemi a orientarvi, vi sarà utile la cartina in miniatura stampata sul retro del biglietto). In alternativa, potete ingaggiare una guida che parla spagnolo, inglese, francese, tedesco, italiano o portoghese al costo di S20. Le visite durano circa un’ora, dopo di che potrete esplorare il monastero da soli fino all’orario di chiusura. Il monastero è aperto anche due sere a settimana: i visitatori possono esplorarlo a lume di candela, come per secoli hanno fatto le suore.

Chi preferisce visitare Santa Catalina per conto proprio, può iniziare dai tre chiostri principali. Dopo essere passati sotto l’arco del silencio si entra nel Chiostro delle Novizie, caratterizzato da un cortile al cui centro si trova un albero della gomma. Dopo aver oltrepassato l’arco, le novizie erano tenute a rispettare il voto di silenzio e a dedicare la propria vita al lavoro e alla preghiera. Dopo i quattro anni di noviziato, durante il quale le loro famiglie dovevano pagare una dote di 100 monete d’oro per ogni anno, le monache potevano scegliere se prendere i voti oppure lasciare il convento - eventualità, quest’ultima, che avrebbe però gettato discredito sui loro parenti.

Le novizie che decidevano di prendere i voti passavano quindi nel Chiostro degli Aranci, così chiamato per gli aranci che crescono nel centro e rappresentano il rinnovamento e la vita eterna. Da questo chiostro si può dare un’occhiata alla Sala de Profundis, una camera mortuaria dove si piangevano le suore defunte, i cui ritratti sono appesi alle pareti. Agli artisti erano concesse 24 ore per portare a termine questi ritratti postumi, poiché era assolutamente vietato ritrarre le monache viventi.

Allontanandosi dal Chiostro degli Aranci si entra in Calle Córdova, una strada su cui si affacciano le celle delle monache. Le celle potevano ospitare una o due persone, oltre a qualche domestica, ed erano austere oppure lussuose, a seconda del ceto sociale di chi vi risiedeva. Scendendo per Calle Toledo si trova un caffè che serve bevande e dolci appena sfornati e si raggiunge la lavanderia comune, dove il personale di servizio lavava la biancheria nell’acqua di un torrente incanalata in grandi giare di terracotta.

Proseguendo per Calle Burgos in direzione della scintillante torre in sillar della cattedrale, i visitatori attraversano la buia cucina comune, che originariamente era una chiesa, almeno fino alla riforma del convento nel 1871. Poco oltre, in Piazza Zocodober (il nome deriva dal termine arabo per "baratto") le monache si riunivano la domenica per scambiarsi oggetti che avevano realizzato a mano, come saponi o prodotti da forno. Proseguendo a sinistra si accede alla cella della leggendaria Sor Ana, una monaca nota per le sue predizioni straordinariamente precise e per i miracoli che pare abbia compiuto fino alla morte, nel 1686.

Infine, sul Grande Chiostro si affacciano da un lato la cappella e dall’altro la galleria d’arte, con la pianta a forma di croce, che era utilizzata come dormitorio comune; l’edificio è ornato da dipinti murali che ritraggono scene della vita di Gesù e della Vergine Maria.