Non sottovalutate Sancti Spíritus. In qualsiasi altro paese questa gradevole città coloniale sarebbe un tour de force culturale. Invece, racchiusa nell’illustre guscio della provincia omonima e destinata a passare perennemente in secondo piano rispetto a Trinidad, viene a malapena presa in considerazione. Per molti visitatori il bello è proprio questo. Sancti Spíritus è Trinidad senza gli inconvenienti che tormentano le località turistiche. Qui potrete farvi servire in un ristorante e cercare una casa particular senza l’indesiderato assembramento di insistenti "guide" a dirvi che il proprietario è deceduto, partito per le vacanze o andato a vivere a Miami. Potrete anche sentirvi comodi pur stando seduti su una sedia di metallo, intenti a osservare i talentuosi bambini che giocano a baseball nel Parque Serafín Sánchez mentre le malinconiche melodie dei boleros (romantiche canzoni d’amore) si diffondono per strade che nessuno ha mai pensato meritassero una menzione dell’UNESCO.

Sancti Spíritus, una delle sette villas originarie volute da Diego Velázquez, fu fondata nel 1514, ma venne spostata nella sua attuale posizione sul Río Yayabo nel 1522. La nuova collocazione, però, non mise fine alle audaci incursioni dei corsari, che continuarono a saccheggiare la città fin oltre il 1660.

Mentre Trinidad ha dato al mondo Playa Ancón, ricchissimi magnati dello zucchero e jineteros in bicicletta, Sancti Spíritus è ricordata per l’elegante camicia guayabera, per il frutto chiamato guayaba (guava) e per un ponte a schiena d’asino molto peculiare, che non stonerebbe nello Yorkshire inglese.

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