Proseguendo, la strada n. 572 scende fino alla spiaggia di sabbia nera di Djúpalónssandur, un posto spettacolare in cui fare una passeggiata, con una serie di speroni rocciosi che emergono dall’oceano. Qui si notano ancora le quattro pietre "del sollevamento", che gli equipaggi dei pescherecci utilizzavano per saggiare la forza degli aspiranti pescatori. La pietra più piccola si chiama Amloði ("incapace") e pesa 23 kg, poi ci sono Hálfdrættingur ("gracile") che pesa 54 kg, Hálfsterkur ("mediamente forzuto") che pesa 100 kg, e la più grande, Fullsterkur ("molto forzuto"), con i suoi 154 kg. Hálfdrættingur indicava la soglia della debolezza e chiunque non fosse stato in grado di sollevarla era ritenuto inadeguato per la vita di mare. Misteriosamente, oggi le pietre sono in realtà cinque. Un parcheggio bitumato e dei bagni pubblici (operativi in estate) hanno recentemente reso l’area un tantino più accessibile.

Percorrendo a piedi lo scosceso promontorio si raggiunge la spiaggia, sempre di sabbia nera, di Dritvík, luogo di attracco di una sessantina di pescherecci dal XVI al XIX secolo. Le sabbie nere sono tuttora ingombre di pezzi di metallo arrugginito del motopeschereccio inglese Eding, che vi fece naufragio nel 1948. Vicino al parcheggio si trovano varie pozze d’acqua dolce e l’arco roccioso di Gatklettur .

Circa 2 km a sud di Djúpalón un sentiero scende verso il faro di Malariff, da dove si può camminare lungo le scogliere fino ai pilastri di roccia di Lóndrangar, che si slanciano verso l’alto come spruzzi di lava congelata. La gente del luogo sostiene che gli elfi utilizzino queste formazioni come tempio.

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