Come una cometa, Subotica emerge all’improvviso dalla verde nebulosa della Vojvodina. E, come una cometa, sembra seguire l’orbita di un mondo che è stato tagliato fuori da tutto, asimmetrica e confinata nel suo nucleo. Fuori fuoco e sgargiante, anacronistica e immanente, Subotica è una città unica, che soccombe all’incongruo ma civetta con i lumi della ragione. La città che avrebbe potuto essere immaginata da Antoni Gaudí (evidenti i richiami) fiorì invece in meno di 20 anni sotto un impero che boccheggiava. C’è ancora di che stupirsi a Subotica, a forza di motivi floreali, porcellane e improbabili combinazioni cromatiche. C’è anche però di che quietare lo spirito, grazie agli eleganti caffè quasi salisburghesi che grondano voglia di Belle Époque. In contrasto con questo scenario di ostentata esuberanza spicca l’imperturbabile posa della popolazione locale, più impegnata a fare i conti con le stringenti necessità del quotidiano che a farsi trascinare da tanta stravaganza estetica.
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