Con una superficie di quasi 5 kmq, il Preah Khan (ingresso US$5) - da non confondere con l’omonimo tempio di Angkor - è il più grande complesso di templi costruito durante l’epoca angkoriana, una vera impresa se si considera la concorrenza. Grazie alla sua posizione isolata, il sito è incredibilmente tranquillo e silenzioso.

La storia di Preah Khan è avvolta nel mistero, ma si sa che per molto tempo è stato un importante sito religioso, e alcuni dei suoi edifici risalgono al IX secolo. Sia Suryavarman II, che fece costruire l’Angkor Wat, sia Jayavarman VII trascorsero qui diversi anni della loro vita, per cui si ritiene che Preah Khan fosse una sorta di seconda capitale dell’impero di Angkor. Dedicato originariamente alle divinità buddhiste, fu riconsacrato al culto buddhista Mahayana durante una monumentale opera di ricostruzione realizzata da Jayavarman VII tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII.

All’estremità orientale del baray, lungo 3 km, sorge un piccolo tempio a forma di piramide chiamato Prasat Damrei (Tempio dell’Elefante). In cima alla collina si possono vedere due degli elefanti originali, magnificamente scolpiti; altri due si trovano al Museo Nazionale di Phnom Penh e al Musée Guimet di Parigi.

Nel centro del baray sorge il Prasat Preah Thkol (chiamato Mebon dalla gente del posto), un tempio su un’isola il cui stile ricorda il Mebon occidentale di Angkor. All’estremità occidentale del baray c’è il Prasat Preah Stung (che la gente del posto chiama Prasat Muk Buon o Tempio dalle Quattro Facce), forse l’edificio più memorabile del complesso grazie alla torre centrale decorata con quattro enigmatici volti di Avalokiteshvara in stile Bayon.

Proseguendo verso sud-ovest per altri 400 m si raggiungono le mura di Preah Khan, circondato da un fossato simile a quello visibile intorno ad Angkor Thom. Vicino al gopura orientale c’è una dharmasala (alloggio per pellegrini). Buona parte di questa zona centrale è ricoperta di foreste.

Sembra che fino alla metà degli anni ’90 l’edificio centrale fosse in condizioni piuttosto buone, ma nella seconda metà del decennio il sito è stato depredato da saccheggiatori in cerca delle statue sepolte sotto ogni prang (torre del tempio). Preso d’assalto da martelli pneumatici e scavatrici, l’antico tempio non riuscì a resistere: molte torri crollarono su se stesse creando la triste confusione che si vede oggi. Ancora una volta, un tempio che era sopravvissuto per centinaia di anni non è riuscito a superare l’assalto del XX secolo e la sua avidità distruttiva.

Tra le sculture trovate a Preah Khan c’era il busto di Jayavarman, oggi esposto nel Museo Nazionale di Phnom Penh e spesso riprodotto come souvenir per turisti. Il busto è stato scoperto tra il 1990 e il 2000 dalla gente del posto, che ha avvisato le autorità e ha così permesso che fossero riuniti testa e corpo nel 2000.

Gli abitanti del luogo di solito chiamano il tempio Prasat Bakan, mentre gli studiosi lo definiscono ufficialmente Bakan Svay Rolay, abbinando il nome locale del tempio a quello della provincia; i khmer di Siem Reap, infine, lo chiamano spesso Preah Khan-Kompong Svay.

La gente del posto sostiene che non ci sono mine nelle vicinanze di Preah Khan, ma per sicurezza evitate comunque di uscire dai sentieri indicati.

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