
Anazarbo
Quando i romani giunsero in questa zona nel 19 a.C., costruirono una città fortificata sulla sommità della collina che domina la fertile pianura e la chiamarono Caesarea ad Anazarbus. In seguito, quando la Cilicia fu divisa in due, Tarso rimase la capitale della parte occidentale e Anazarbus divenne capoluogo di quella orientale. Nel corso dei secoli fu conquistata almeno una decina di volte, cadendo nelle mani di persiani, arabi, bizantini, dei principi hamanidi di Aleppo, dei crociati, di un re armeno locale e poi nuovamente dei bizantini, a cui seguirono i turchi e i mamelucchi. Quando questi ultimi nel 1375 sconfissero il regno armeno di Cilicia, la città fu abbandonata.
Circa 5 km dopo aver lasciato la statale, si raggiungono un incrocio a T e una grande porta che si apre nella cinta muraria, oltre la quale si estendeva l’antica città, oggi una distesa di campi disseminati di pietre antiche. Svoltando a destra, ben presto si vede la casa con la porta blu del bekçi (custode), la cui proprietà privata contiene sarcofagi romani (uno dei quali reca l’effigie dell’imperatore Settimio Severo, vissuto nel III secolo) e piscine con gloriosi mosaici raffiguranti Tito, delfini, pesci e uccelli marini. Una guida (siate generosi) vi accompagnerà indicandovi lo stadio, il teatro, le terme e, naturalmente, il castello (per il quale bisogna affrontare ben 400 scalini). Da non perdere la pietra recante una croce e i simboli dell’alfa e dell’omega che proviene dalla Chiesa degli Apostoli in rovina visibile nel campo, risalente al VI secolo; le rarissime scuderie a volta di epoca romana a sud del castello; e l’acquedotto principale con diversi archi ancora in piedi.
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