Più antica dell’Avana e di Santiago, e destinata a rimanere nella memoria in quanto città da cui partì la lotta per l’indipendenza cubana, Bayamo avrebbe ogni diritto di darsi arie di grande importanza, eppure in qualche modo non lo fa. L’affettuoso nomignolo con cui è conosciuta, ciudad de los coches (città dei carretti), dice molto di più dell’atmosfera che vi regna: questo è un luogo semplice, dal ritmo rilassato, perso nel passato, dove all’industrializzazione si preferiscono i cavalli. Il capoluogo di provincia più quieto di Cuba risuona del clip-clop di zoccoli equini e secondo le stime il 40% della popolazione utilizza gli amici a quattro zampe per spostarsi ogni giorno.

Ciò non vuol dire che i bayameses non siano coscienti della propria storia. Como España quemó a Sagunto, así Cuba quemó a Bayamo (ossia "come la Spagna bruciò Sagunto, Cuba bruciò Bayamo"), scrisse José Martí intorno al 1890, evidenziando il ruolo sacrificale che Bayamo rivestì nel complesso sviluppo storico di Cuba. Tuttavia, anche se l’incendio del 1869, appiccato dagli stessi abitanti, distrusse molti palazzi coloniali della città (ma non temete, ne potrete vedere ancora molti), non distrusse il suo spirito e le sue antiche tradizioni.

Oggi Bayamo è famosa per i cervellotici giocatori di scacchi (Céspedes fu una specie di Kasparov dei suoi tempi) e le feste di strada del sabato sera, spesso al suono di pittoreschi organetti (importati da Manzanillo). Tutto questo si può vedere nella settimanale Fiesta de la Cubanía, una delle feste di strada più autentiche dell’isola e profondamente bayamés .

Storia

Fondata nel novembre del 1513, seconda (dopo Baracoa) delle sette villas originariamente istituite da Diego Velázquez de Cuéllar, inizialmente Bayamo fu tormentata da un susseguirsi di rivolte aperte e da un persistente stato di agitazione tra le popolazioni indigene. Ma, dopo che i taínos furono decimati da malattie europee letali, come il vaiolo, questo sprazzo di resistenza indigena finì con l’esaurirsi. Alla fine del XVI secolo, Bayamo era diventata una città ricca, nonché il principale centro della regione nei settori dell’allevamento e della coltivazione della canna da zucchero. Frequentata dai pirati, nei secoli XVII e XVIII la città si arricchì ulteriormente con i proventi di un giro di contrabbando gestito attraverso il porto della vicina città di Manzanillo. La nuova classe di mercanti e proprietari terrieri di Bayamo investì generosamente il proprio denaro in dimore prestigiose, nonché in costosi studi all’estero per i propri rampolli.

Uno di questi protégé era l’avvocato divenuto poi rivoluzionario Carlos Manuel de Céspedes che, sfidando le tradizionali posizioni coloniali, nel 1868 condusse una rivolta armata contro le autorità della sua città natale e riuscì a sottrarre alle conservatrici autorità spagnole il controllo della città. Ma la liberazione dal dominio coloniale ebbe breve durata. Dopo che il mal addestrato esercito ribelle fu sconfitto da 3000 soldati spagnoli vicino al Río Cauto il 12 gennaio 1869, gli abitanti - temendo che gli spagnoli avrebbero di nuovo occupato Bayamo - preferirono dar fuoco alla città piuttosto di vederla ricadere in mano nemica.

Bayamo fu anche la città natale di Perucho Figueredo, autore dell’inno nazionale cubano che inizia, molto patriotticamente, con le parole Al combate corred, bayameses (Corri alla battaglia, popolo di Bayamo).

Fu proprio davanti alla folla accorsa in Plaza de la Patria a Bayamo per l’annuale commemorazione che nel 2006 Fidel Castro tenne il suo ultimo (almeno fino ad ora) discorso pubblico sui "Trionfi della Rivoluzione". Poco tempo dopo si ammalò e passò il bastone del comando al più giovane Raúl.

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