Via dei Cureti
- Efeso, Turchia
- Attrazione - Sito archeologico
Intitolata ai Cureti, semidei che aiutarono Latona a partorire i figli Apollo e Artemide, la Via dei Cureti era la strada principale di Efeso, costeggiata da imponenti edifici statuari e da botteghe di incenso e di seta.
Percorrere la Via dei Cureti è il modo migliore per comprendere e farsi un’idea precisa dello stile di vita condotta dagli abitanti di Efeso. Lungo la strada si possono infatti notare numerosi piccoli dettagli, come le incisioni circolari e i solchi regolari scolpiti nella pavimentazione in marmo, pensati per evitare che i pedoni scivolassero sul liscio manto stradale. L’espediente era utile non solo nelle stagioni più piovose, ma anche nei periodi più caldi: i negozianti infatti erano soliti bagnare le strade con l’acqua che sgorgava dalle fontane per rinfrescare l’aria.
I rigogliosi alberi che un tempo costeggiavano la strada e i negozi fornivano ombra e frescura. Proprio nei punti in cui crescevano gli alberi potrete osservare dei piedritti in pietra decorati da 12 incisioni circolari. Si tratta di tabelloni usati dagli antichi efesini per giochi di fortuna, fatti per diletto o per scommessa: il loro nome latino era ludus duodecim scriptorum, ovvero "gioco delle 12 linee".
Tra i vari blocchi di marmo lungo la via c’è una certa disomogeneità, molti di essi non sono più nel loro luogo d’origine a causa di vari interventi avvenuti nell’antichità o in tempi più recenti. Alcune fondamenta conservano particolari interessanti, come le piccole iniziali scolpite in alfabeto greco, che si riferivano al nome del costruttore responsabile dell’edificio. In tal modo, era più facile per i lavoratori riscuotere la propria paga, perché dimostravano di aver lavorato.
Su diversi muri si notano fori ovali, utilizzati per appendere le lampade a olio, che la notte conferivano alla città un tocco magico.
A metà strada della Via dei Cureti si può vedere quel che resta della Fontana di Traiano. L’alta statua rappresentava il grande imperatore in piedi su una sfera. L’iscrizione sulla fontana recita: "L’ho conquistato tutto, ora il mondo è ai miei piedi". L’acqua fluiva sotto la statua, e sgorgava fuori tenendo la strada pulita.
Poco oltre si incontrano le latrine degli uomini, una struttura squadrata con "sedili" allineati lungo il muro. Anche se i più ricchi avevano bagni privati, utilizzavano comunque i bagni pubblici, talvolta pagando per utilizzare un sedile in particolare. Se girate attorno all’ingresso della struttura, noterete una piccola apertura: qui stava l’inserviente, che si occupava di raccogliere i soldi dai visitatori. Per quanto la situazione fosse decisamente comunitaria, l’ampia toga romana permetteva comunque di conservare un minimo di privacy.
Poco oltre, sorgono le rovine del postribolo. Non meraviglia il fatto che sia sempre gremito di turisti, anche se le condizioni piuttosto fatiscenti delle rovine rendono difficile immaginare l’atmosfera licenziosa che un tempo contraddistingueva questo bordello. Alcuni esperti sostengono peraltro che i marinai e i mercanti di passaggio lo utilizzassero semplicemente come pensione e bagno, seppur ciò non escluda che avessero comunque la possibilità, su richiesta, di intrattenersi con una prostituta.
Qualunque fosse l’utilizzo principale del postribolo, i gestori richiedevano a ogni visitatore di questa costruzione priva di finestre di sottoporsi a svariati gradi di pulizia prima di accedere ai locali interni, adornati da piccole statue di Afrodite. Sebbene l’attuale società che gestisce il sito di Efeso tenda a minimizzare l’esistenza di un ipotetico tunnel segreto di collegamento tra il postribolo e l’antistante Biblioteca di Celso, alcuni abitanti del luogo sostengono invece di averlo attraversato non più di 15 o 20 anni fa.
Proseguendo si giunge al grandioso Tempio di Adriano, in stile corinzio, dedicato al successore di Traiano. Secondo per fama soltanto alla Biblioteca di Celso, il tempio originariamente aveva pavimenti e porte in legno. Da notare l’arco principale, sostenuto da una chiave di volta centrale: è una meraviglia architettonica perfettamente bilanciata, senza bisogno di cemento o malta. Tutta la superficie era ricoperta di splendidi fregi - nel primo arco è raffigurata Tyche, la dea della fortuna, mentre nel secondo si vede una testa di Medusa, la cui chioma di serpenti aveva il compito di tenere lontani gli spiriti maligni. A invocare Tyche erano soprattutto i marinai e i mercanti, che le chiedevano protezione per i lunghi viaggi. Superato il primo arco, guardate in alto verso l’angolo sinistro del tempio: una scultura raffigura un uomo a cavallo che insegue un cinghiale, una rappresentazione della mitica fondazione della città. Alle vostre spalle vedrete alcune immagini di svastiche capovolte, simbolo del fiume Meandro.