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Museo di Mevlâna

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Il motivo principale che spinge tutti, musulmani e non, a visitare a Konya è il Museo di Mevlâna, un tempo sede della comunità dei dervisci rotanti.

Nel sultanato selgiuchide di Rum visse uno dei più grandi filosofi mistici del mondo, Celaleddin Rumi. La sua poesia e le sue opere religiose, scritte per la maggior parte in persiano, la lingua letteraria del tempo, sono tra le più amate e rispettate in tutto il mondo islamico. Per i suoi seguaci Rumi divenne poi Mevlâna ("la nostra guida").

Rumi nacque nel 1207 a Balkh (che si trova in Afghanistan). La sua famiglia fuggì dall’invasione mongola, quando questa era ormai alle porte, spostandosi prima verso la Mecca e poi verso il Sultanato di Rum, per giungere infine a Konya nel 1228. Suo padre, Bahaeddin Veled, era un noto predicatore, conosciuto con il nome di Sultano degli Studiosi, e Rumi divenne un brillante studente di teologia islamica. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1231, studiò ad Aleppo e a Damasco, per poi tornare a vivere a Konya nel 1240.

Nel 1244 conobbe Mehmet Şemseddin Tebrizi (Şemsi Tebrizi o Şems di Tabriz), uno dei discepoli sufi (mistici musulmani) di suo padre. Tebrizi ebbe una profonda influenza su Rumi, ma venne ucciso nel 1247 da un gruppo di rivoltosi discepoli di Rumi, gelosi dell’enorme influenza di Tebrizi sul loro maestro. Sconvolto per la perdita, Rumi si isolò dal mondo per meditare e scrisse la sua più grande opera poetica, composta da 25.000 versi, il Mathnawi (Mesnevi in turco). Compose anche molti aforismi e poesie ruba’i e ghazal, raccolti nella sua "Grande Opera, il Divan-i Kebir .

Negli insegnamenti di Mevlâna la tolleranza ha un ruolo centrale e questi famosi versi ne sono la prova:

Vieni, chiunque tu sia,

Anche se sei

Un infedele, un pagano o un adoratore del fuoco, vieni.

La nostra non è una confraternita di disperazione.

Anche se hai infranto

I tuoi voti di pentimento cento volte, vieni.

Rumi morì il 17 dicembre 1273, data oggi nota come la sua "notte di nozze" con Allah. Suo figlio, Sultan Veled, riunì i suoi seguaci nella confraternita chiamata Mevlevi, o dei dervisci rotanti.

Nei secoli successivi alla morte di Mevlâna, in tutto il regno ottomano vennero fondate più di 100 comunità di dervisci. L’ordine dei dervisci esercitò una notevole influenza conservatrice sulla vita politica, sociale ed economica del paese, e numerosi sultani ottomani divennero sufi mevlevi (mistici). Atatürk considerava i dervisci un ostacolo al progresso del popolo turco e nel 1925 li bandì, ma molti ordini, grazie a un cavillo, riuscirono a sopravvivere come confraternite religiose. Nel 1957 la comunità di Konya tornò a esistere come "associazione culturale", con lo scopo di preservare una tradizione storica.

Per i musulmani questo è un luogo particolarmente sacro e ogni anno vi si reca in pellegrinaggio oltre un milione e mezzo di persone, per lo più di provenienza turca. Vi capiterà di vedere molti che pregano per chiedere l’aiuto di Rumi. Per entrare nel monastero, le donne dovrebbero coprirsi il capo e le spalle e nessuno dovrebbe indossare pantaloni corti.

Il monastero è visibile già da una certa distanza e la sua cupola, ricoperta di scanalature e di maioliche turchesi, rappresenta uno dei luoghi più caratteristici di tutta la Turchia. Dopo aver passeggiato attraverso un delizioso giardino, si oltrepassa il Dervişan Kapısı (Cancello dei dervisci) e ci si ritrova in un cortile con al centro una fontana per le abluzioni.

Toglietevi le scarpe ed entrate nel Tilavet, (la sala di lettura del Corano), nota anche come la sala della calligrafia, per via degli ornamenti calligrafici presenti.

All’ingresso del mausoleo, la porta ottomana in argento reca l’iscrizione: "Chi entra qui incompleto, ne uscirà perfetto". Entrando nel mausoleo, voltatevi verso sinistra per ammirare il grande Nisan tası (vaso d’aprile) in bronzo, che si trova all’esterno. Un tempo in questo vaso del XIII secolo veniva raccolta la pioggia di aprile, di vitale importanza per gli agricoltori di questa regione e tuttora considerata sacra. La punta del turbante di Mevlâna veniva immersa nell’acqua e offerta a chi aveva bisogno di essere guarito. Sempre a sinistra si trovano sei sarcofagi dove furono sepolti i discepoli di Bahaeddin Veled che lo avevano seguito dall’Afghanistan.

Proseguite fino a raggiungere la parte della sala posta direttamente sotto la cupola scanalata. Qui è collocata la tomba di Mevlâna (la più grande), accanto a quella di suo figlio Sultan Veled e a quelle di altri eminenti dervisci. Sono tutte coperte da pesanti drappi di broccato d’oro, ma su quelle di Mevlâna e del figlio Veled vi si trovano enormi turbanti, simbolo di autorità spirituale; il numero di volute del turbante rappresenta l’importanza spirituale del proprietario. La tomba in legno di Bahaeddin Veled è stata posta a lato, fatto che ha portato i devoti a pensare che la santità di Mevlâna fosse tale da far sì che anche suo padre dovesse mostrargli rispetto. In totale i sarcofagi sono 66, ma non tutti sono visibili.

La tomba di Mevlâna risale al periodo selgiuchide. La moschea e la semahane, la sala in cui si tenevano le cerimonie dei dervisci rotanti, furono aggiunte in seguito dai sultani ottomani (Mehmet il Conquistatore era un mevlevi e Solimano il Magnifico fece consistenti donazioni a beneficio dell’ordine). Selim I, il conquistatore dell’Egitto, donò le lampade mamelucche in cristallo.

La piccola moschea e la semahane a sinistra della camera sepolcrale contengono alcuni reperti come strumenti musicali, la copia originale del Mathnawi, il tappeto di preghiera di Mevlâna e un manoscritto cristiano del IX secolo su pelle di gazzella. Vi è poi uno scrigno contenente alcuni peli della barba di Maometto e una copia del Corano così minuscola che, scrivendola, il suo autore è diventato cieco. Se guardate a sinistra del mihrab noterete un seccade (tappeto di preghiera) su cui è raffigurata la Kaaba della Mecca. È stato tessuto in Iran, utilizzando seta e lana, ed è estremamente pregiato poiché composto da circa tre milioni di nodi (144 per centimetro quadrato).

La matbah (cucina) del monastero si trova nell’angolo sud-ovest del cortile. Decorata secondo lo stile del tempo di Mevlâna, vi sono disposti alcuni manichini vestiti da dervisci. Osservate la tavola di legno utilizzata dai dervisci novizi per impratichirsi con le rotazioni rituali. Lungo i lati nord e ovest del cortile si trovano le celle dove vivevano i dervisci, mentre oggi ospitano alcune mostre etnografiche che ne illustrano la vita.

Accanto al museo vi è la Selimiye Camii, costruita tra il 1566 e il 1574, periodo in cui il sultano Selim era il governatore di Konya.